Pagina revisionata il 06/06/2024
Somma Lombardo
Dopo Mezzana frazione di Somma Lombardo, della quale ò già parlato in merito al santuario, legato alla tradizione del culto della Madonna della Ghianda, dove in ogni caso anche a Mezzana come a Gallarate, gli storici riconoscono la presenza di un bosco sacro ariano.
Parliamo di Somma Lombardo incominciando dall’origine del toponimo Somma, sul quale si può trovare un facile riferimento nel latino “Summa”, sinonimo di “Cima”, preceduto del celtico Suma, di tratta di due sostantivi originati dal nome del dio “Summano”, “Colui che sta in alto”; ciò trova riscontro dal fatto che Somma Lombardo occupa una posizione alta che domina le valli del Ticino e della Strona ed è il vertice più alto dell’altipiano posto ad ovest della valle Arno , tanto che nel 224°.C., costituiva il caposaldo ovest della linea difensiva insubre.
Bisogna anzitutto riconsiderare l’origine del suo stemma, in quanto è fortemente in contrasto con la tradizione, che la vede un feudo storico dei Visconti.
Infatti i tre leoni che spiccano in campo azzurro attribuiti alla famiglia Visconti, in realtà sono l’evoluzione dello stemma dei De Soma, che conteneva un solo leone.
I De Soma erano una famiglia non romanizzata e pertanto presero il nome della città dove vivevano.
Di origine franca infeudata da Carlo Magno, infatti il leone rampante sarebbe un fregio concesso dall’imperatore ai nobili franchi, che protessero papa Leone III, dall’ostilità del clero e dei nobili romani.
Quindi possiamo supporre che i Visconti, di origine longobarda, forse angli, siano subentrati ai De Soma per matrimonio in seguito alla mancanza di eredi maschi, in un’epoca in cui il cognome e lo stemma dei Visconti non esistevano ancora.
Anche Somma Lombardo aveva il suo Pasquèe, l’area era situata dietro la chiesa di San Bernardino, oggi è completamente urbanizzata e attraversata dalla tangenziale sommese.
Davanti alla chiesa, situata al vertice di un angolo acuto le strade si spargono a raggiera come al Pasquèe di Cassano, in oltre nella chiesa di San Bernardino è incorporata una cappella costruita nel 1400, dove si venerava la Madonna per la protezione dei campi, una tradizione continuata fin oltre la metà del XX secolo con processioni per la benedizione dei campi, che prevedevano cerimonie ad ogni cappella, che con ogni provabilità erano dei “Pasquirő”, cioè luoghi di culto dipendenti dai Pasquèe, tutto ciò conferma la tradizione dei Pasquèe come sovrapposizione cristiana ai luoghi sacri ariani, avvenuta nel 700 quando re Liutprando donò agli istituti religiosi tutti gli Ager pubblici.
Tra le 8 cappelle sommesi toccate dalla processione, in una, era venerato il crocefisso di San Mocco, non trovando notizie di questo Santo, ed escludendo l’errore di stampa, devo supporre che si tratta di un riferimento a Lug, soprannominato mocco perché il suo spirito si incarnava nei cinghiali maschi, infine fu cristianizzato come: “Hesus il Buono”, per poi diventare definitivamente Gesù.
Le altre cappelle erano San Rocco, delle Coste, della Maddalena, Madonna della Preia, sicuramente un masso erratico usato come altare votivo nelle cerimonie pagane, Madonna della Strona, San Vito. Di Casamicciola, di Campagna Grande.
Un altro bosco sacro, sempre secondo gli storici, era presente nel centro, situato tra l’altro nel punto più alto di Somma Lombardo, vale a dire la località “Albuzii”, quindi con il prefisso “Alb” abbiamo ancora un riferimento a una cima il quale sarebbe il sinonimo in lingua celta del latino Suma; in seguito l’altura sarà spianata per realizzare una piazza di fianco al castello Visconteo.
Nel toponimo “Albuzii”, al prefisso Alb si aggiunge la radice Buzìi, che nella pronuncia dialettale la seconda “i diventa una “e”, la quale sarebbe un diminutivo di Boza, quindi il toponimo indicherebbe un piccolo stagno ai piedi di un’altura.
In alternativa, se considerando che nel VIII secolo d.C., sull’altura fu piantato un cipresso che sopravvisse per 1000 anni fino al suo sradicamento, si potrebbe considerare l’ipotesi di un bosco sacro situato sull’altura.
Il cipresso era ed è il simbolo dell’immortalità, in modo particolare nella mitologia greca era un albero caro al dio solare Apollo, in quanto avrebbe trasformato in cipresso l’amato Ciparisso, il quale, disperato per aver ucciso il proprio cervo addomesticato, invocava la morte.
Quindi considerando che l’altura attorno alla quale è sorto il villaggio primitivo, era irraggiata dal sole dall’alba al tramonto, possiamo concludere che era un centro spirituale dedicato ai culti solari, mentre i teonimi Summano e Alb erano vezzeggiativi per indicare colui che sta al di sopra di tutti, mentre del cipresso piantato in epoca cristiana invece si può considerare una croce simbolica, sovrapposta a un albero sacro agli ariani, in quanto con il suo legno si fabbricano i crocefissi.
In ultimo possiamo concludere che il castello visconteo è stato costruito nell’alveo della bozza per poter sfruttare le sue acque come difesa, ed usufruire di una fonte d’acqua al suo interno.
Il nome della frazione Coarezza, situata sulla riva del Ticino, subito a valle di Golasecca, sarebbe l’italianizzazione del dialettale “Cuarescia”, che nella lingua antica aveva il significato di “Cuore dello Scià”.
In questo caso la divinità alla quale si riferiva Coarescia doveva essere il dio del fiume, in quanto la località è situata al centro di un ampio promontorio che si affaccia sul fiume, conferendo alla riva lombarda la forma di un seno gigantesco.
Ma questo seno gigantesco mi fa pensare anche alla località Melissa, posta nel territorio di Golasecca, situata subito a monte del promontorio, in quanto Melissa è un nome di origine greca che indica “l’Ape che porta il Miele”, in particolare nella mitologia greca Melissa o Melite era una ninfa dell’acqua, alla quale Rea affidò il figlio Zeus per nasconderlo al padre Crono, quindi Melissa, come le api che nutrono le larve, sarebbe stata la nutrice di Zeus
In particolare come ninfe dell’acqua dolce si citano le “Naiadi”, mentre nella tradizione celtica si conoscono le “Meliadi” ninfe del frassino, protettrici dei bambini abbandonati, ma anche dei guerrieri, in quanto il frassino era sacro alle divinità del Sole, compreso Apollo, il quale con i suoi rami fabbricava le frecce ed i giavellotti, gli strali con i quali secondo Omero diffondeva il morbo tra gli achei che assediavano Troia.
Mi sembra superfluo supporre il fatto che, i bambini venivano abbandonati proprio sotto i frassini, contando sulla benevolenza di Melissa, affinché fossero ritrovati e nutriti, da ciò possiamo supporre che Coarescia fosse un luogo sacro dove deporre i bambini che si voleva abbandonare, chiamato appunto il “Cuore della Regina (Ranja)”.
I romani adoravano il ficus Ruminalis, sotto il quale furono abbandonati i due gemelli fondatori della città, si trattava del fico sacro alla dea Rumina nutrice dei bambini abbandonati.
Il fiume Strona, il cui nome ripropone il tema dialettale “trona”, sinonimo di tuono, come il rumore prodotto da una frana; caratteristiche geologiche che hanno dato origine anche a toponimi come val Antrona, e le varie Oltrona.
Lo Strona è un affluente del Ticino, che sorge tra le paludi di Mornago e Vergiate, passa a nord di Somma Lombardo, ai piedi dell’altipiano dove sorge la città, per poi precipitare velocemente in una profonda valle scavata dallo stesso torrente, che a causa del terreno sabbioso e poco consistente, in un passato recente, ha provocato numerose frane abbondanti e rumorose, tanto da far dire alla gente che “trona”.
I ritrovamenti archeologici di centinaia di tombe attribuite alla civiltà di Golasecca e di un ripostiglio di rottami datato 1300 a.C., avvenuti in tempi diversi nel territorio tra le cascine Malpensa e Bellaria, ci testimoniano la presenza umana in una zona arida, come la brughiera a sud di Somma Lombardo, tale presenza può essere giustificata solo da un incrocio stradale che avrebbe favorito l’esistenza di una città mercato.
La stessa cascina Malpensa non fa altro che ricalcare la forma e le dimensioni di un accampamento romano, e anche la sua posizione decisamente staccata da quello che poteva essere il percorso stradale, mi fa ipotizzare l’esistenza di un
“Pomerion”, la terra di nessuno che storicamente circondava le città e gli accampamenti fondati dai romani.
Per motivi di sicurezza il Pomerion era sacro e inviolabile, e la sua trasgressione era considerata un atto ostile, per cui la pena era la morte immediata; lo stesso motivo per cui Remo fu ucciso dal fratello Romolo.
Anche il toponimo Malpensa potrebbe essere originato dalla centuriazione romana, in quanto il territorio essendo arido, per i veterani della legione sarebbe risultato un cattivo compenso.
La cascina Bellaria invece, prenderebbe il nome da un "Nemeton", bosco sacro in onore di Bel, rimasto in uso come riferimento anche dopo la fine dei culti vedici.
Nella tradizione vedica “Ãrya” aveva il significato di “Nobile”, quindi il toponimo inneggiava a Bel, il re del sole, il quale era uno degli 8 “Arta Vasu” (Dimora del dio), le divinità vediche primordiali, vale a dire: Acqua, Aria, Cielo Fuoco, Luna, Sole, Stelle e Terra.
Nei pressi della cascina Bellaria confluiva una strada che risaliva dalla riva del Ticino, da dove passava una via antica, che seguendo il corso del fiume, collegava Pavia con Golasecca, e che inglobava anche la via Novaria, la quale poi nei pressi della Bellaria si sovrapponeva con la Mediolanum-Verbannus nel tratto tra Bellaria e Fagnano Olona.
In merito alla città di Pavia che i romani chiamavano Ticinum, voglio sottolineare il fatto che contrariamente a quanto affermano gli storici, il toponimo moderno non è originato dalle proprietà di una famiglia romana, ma sarebbe il nome primitivo di un villaggio insubre, probabilmente chiamato Povia, o forse Parüe e avrebbe avuto il significato di: “Via del Padre” oppure “Via che conduce al Padre”, il quanto il fiume Po era chiamato “Padum”, il padre che nutre.
La diramazione per la Bellaria, partiva dalla località di Castelnovate, dove in passato c’era un guado o forse un traghetto, che permetteva di attraversare il Ticino.
A Castelnovate i ritrovamenti archeologici testimoniano la presenza dei Golasecchiani, i quali fondarono il loro villaggio approfittando del promontorio che dominava l’ampia ansa del Ticino, la quale contribuiva a rendere il sito militarmente inattaccabile, condizione indispensabile per chi estraeva l’oro dalle sabbie.
Il toponimo Castelnovate deriva da un castello medioevale del quale oggi esistono solo i ruderi, coperti dalla vegetazione, mentre del toponimo primitivo non si trova traccia.
Il piccolo avvallamento, o forse una trincea scavata dai Golasecchiani per difendere il villaggio, che divide il promontorio di Castelnovate dall’altipiano, permetteva ai viandanti di accorciare il percorso della via, in quanto tagliava completamente l’ansa fluviale, contesto che ha portato i romani alla fondazione sul versante opposto della valle, di un Castra Praetoria e di un villaggio chiamato Vizzola.
Il toponimo Vizzola sembra contraddire la mia ricostruzione sulla fondazione di Castelnovate in quanto contiene la radice “Vizzo” derivante dal latino “Vietus” sinonimo di raggrinzito, appassito o floscio, un aggettivo usato per i fichi o anche per l’età, quindi sinonimo di vecchio (Vetus), pertanto l’origine di Vizzola potrebbe anteporsi a quella Castelnovate, ma sarebbero vicende medioevali successive alla fondazione delle due località.
In oltre il toponimo Vizőla potrebbe essere originato dal latino “Vicus”, cioè villaggio e dal greco “Zeûgma”, cioè aggiogamento o unione, con la vicina Castelnovate, quindi considerata il vicus della roccaforte Castelnovate quindi si può concludere che Vizzola fosse un insediamento romano dove risiedevano i militari addetti al controllo del guado.
Sulla pronuncia e scrittura del toponimo voglio sottolineare che il nome dialettale è “Vizőla”, e non l’orrendo “Vizzoeula”, il che depone in favore del significato “Vizzo”, Vizőla si pronuncia con la “ő” tedesca o la celtica “òo” due suoni uguali che, iniziano con la “o” e finiscono con la “e”.
Come abbiamo già visto nel capitolo su Cassano Magnago, la Mediolanum-Verbannus iniziava in riva al fiume Olona, nel territorio di Fagnano Olona, attraversava la brughiera di Cassano Magnago e Gallarate, passava per Magus Cardunum (Cardano al Campo), attraversava la brughiera della Malpensa e alla Bellaria si divideva, un ramo si dirigeva a Castelnovate, l’altro girava a destra, e scendeva nella Gradenasca dove sfruttando i suoi terrazzamenti, che rendevano più agevole sia la discesa che la risalita, raggiungeva la riva del Ticino.
Il toponimo Gradenasca indicava appunto un territorio dove la successione dei terrazzamenti disegna un paesaggio a gradoni.
L’ultima tappa della Mediolanum-Verbannus era la Maddalena, dove iniziava l’ultima rampa che discendendo in diagonale confluiva sulla strada Pavia Golasecca in località Porto della Torre, dove i romani raccoglievano i cereali prodotti sull’altipiano del Varesotto, e li imbarcavano per farli confluire a Milano o Piacenza.
Porto della Torre è un toponimo la cui origine viene attribuita alla famiglia Della Torre, in realtà, tutti i luoghi guadabili del Ticino hanno un toponimo contenente il prefisso di torre, come ad esempio Turbigo Tornavento e anche Castel Novate, in quanto erano sorvegliati da guardie romane.
Bisogna sottolineare che la costruzione dei canali Villoresi ed industriale ha sicuramente coperto le tracce delle opere idrauliche realizzate dai romani per aggirare le secche del fiume e renderlo navigabile fino a Pavia.
Un esempio è il tratto di Naviglio Grande che va da Tornavento ad Abbiategrasso e il suo prolungamento naturale costituito dal naviglio di Bereguardo che confluisce nel Ticino dove il fiume è navigabile.
Ufficialmente sono opere medioevali, ma ampiamente realizzabili in epoca romana; un esempio lo possiamo ancora trovare a Milano in Porta Ticinese, dove i romani unendo i due canali Vetra, nei quali fecero confluire parte delle acque dell’Olona e del Seveso e forse del Ticino, formarono un canale navigabile chiamato Vettabbia, che confluiva nel Lambro, rendendolo navigabile fino al Po.
Quindi è impensabile che chi ha costruito acquedotti che scavalcano le colline, con a disposizione le acque di un grande fiume come il Ticino, non possano aver fatto questo e di più per sfruttarle
La Maddalena essendo situata in un luogo rialzato e quindi al riparo da eventuali inondazioni, sarebbe sorta come Castra Praetoria, e quindi gli si sarebbe affiancata una villa, per provvedere alle necessità dei militi.
Da precisare che l’attuale percorso della statale del Sempione che ha sostituito la Mediolanum-Verbannus nel tratto tra Milano e il ponte di Sesto Calende è soltanto una realizzazione napoleonica, che aveva lo scopo di accelerare gli spostamenti dell’esercito, attraversando la Selvalonga seguendo una linea retta, ma che ancora a quei tempi era totalmente inutile al traffico lento e non protetto.
In oltre, in merito ai tratti stradali di origine romana, rinvenuti a Casorate Sempione e Somma Lombardo, che secondo gli studiosi facevano parte dell’antico tracciato della Mediolanum-Verbannus, a mio parere erano sicuramente parte di una strada romana che collegava Como e Castelseprio al Verbano, passando per Gallarate, ma non erano la strada del Verbannus, la quale come abbiamo già visto transitava dalla Malpensa ai piedi dell’altipiano
Al confine di Somma Lombardo troviamo Arsago Seprio località famosa in tutto il mondo per le sue necropoli, le quali occupano uno spazio di tempo che va dalla civiltà di La Thene all'epoca longobarda.
Considerando il carattere paludoso del suo territorio e il discreto declivio verso sud del livello campestre, il toponimo dialettale "Arsag", (forse preceduto da un più antico Arsach), dovrebbe indicare un lago posto a una quota più elevata, il toponimo sarebbe originato dalla stessa radice che ha originato il greco "àrsis", sinonimo di "elevamento", e dal suffisso "ag", derivato dal ligure "lach" equivalente di "lago".
Dal centro di Arsago Seprio parte via Roma, un lungo rettilineo che raggiunge il centro di Casorate Sempione, fino ad incrociare il "Vicolo dei Romani".
Dal centro di Casorate Sempione, invece inizia la via "del Longino", una strada che raggiunge il Ciglione della Malpensa, luogo dove sicuramente c'era un villaggio fortificato dei celti, che dominava il pianoro della Malpensa e il passaggio della via "Novaria e Verbannus”, come il ritrovamento dei resti di attività di lavorazione del bronzo ha dimostrato.
Da ciò possiamo dedurre che l'attuale Casorate Sempione è stata fondata dai romani per controllare il traffico sulla strada del che collegava Castelseprio con il Verbano, della quale se ne trovano tracce tra il centro abitato di Casorate e una necropoli gallica, posta lungo la via Roma che conduce ad Arsago Seprio quindi si trattava sicuramente di un "Castra Praetoria", vicino al quale erano situati una stazione di posta e relativo tempio sacro, dove ingraziarsi la benevolenza di Giano o Mercurio, protettori dei viaggiatori.
Quindi il toponimo Casorate è originato da Casona, aggettivo usato dai celti per indicare le costruzioni dei romani con un tetto solido, come i templi, e avrebbe il significato di: Casa-orate, cioè: casa della preghiera.
Rino Sommaruga
Tratto da: “Gli Insubri a Cassano Magnago e nel Seprio”, Capitolo IX
Rino Sommaruga 2016
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