Pagina revisionata il 25/08/2024

 

 

Il Canton Ticino

 

 

Un’altra Valascia la troviamo nel Canton Ticino, lungo la strada che sale al passo del San Gottardo, si tratta di un altipiano situato a mille metri di quota, il regno dei leponti, dove troviamo il paese di Quinto, località che con le sue otto frazioni occupa tutto l’altipiano della Valascia, due di queste frazioni, le più importanti, “Ambrì e Piotta”, formano il nucleo centrale del paese, ebbene, traducendo i loro toponimi nella lingua dei celti avremmo: “Centro del Piano”, quindi “Mediolanum” o “Mezzana”, sinonimi di Valascia, infatti il toponimo “Piotta”, ha il  significato etimologico di piatto, da comparare anche con il  latino “plautus” sinonimo di “piatto”o “largo”, mentre “Ambrì”,  etimologicamente deriva da “Ambone”, dal greco antico “àmbon”, sinonimo di “prominenza”, anticamente l’ambone era una specie di podio sul quale salivano i sacerdoti per parlare alla gente, in seguito fu sostituito dal pulpito cristiano, e la Valascia di Quinto era il pulpito ideale  per rivolgersi alla gente della valle Leventina.

          Infatti oggi la via Valascia è la strada che porta ad "Ambrì di Sopra", segno inequivocabile dell'antica presenza di un luogo di culto situato in una posizione più alta rispetto al pianoro.

       Con ambone si indicava anche una prominenza al centro dello scudo, in oltre ambone si traduce nell’inglese “omphalos”, un aggettivo greco adottato dalla lingua inglese a scopo archeologico, non a caso viene usato dagli archeologi per indicare i simboli spirituali.

            Ambrì potrebbe avere anche il significato di acqua o fiume, derivato dal latino “imber” e dal greco “òmbros”, sinonimi di pioggia, comunque presente in tutta Europa nelle forme di “ambrāambriāambris” originati dal sanscrito “m̥b(h)o-,o *m̥b(h)ro-“ 

            Il Ticino sorge in val Bedretto sotto il passo della Novena, oltre il quale sorge anche il Rodano, e dopo aver attraversato l’omonima località di Bedretto, prende il nome di valle Leventina

            Il toponimo Bedretto dovrebbe essere un diminutivo dell’antico inglese “Bedd” sinonimo di letto o divano, ma inteso negli antichi idiomi frisone e sassone come: “bed”, sinonimo di Badia, un nome che farebbe pensare a un convento comunque a un rifugio per chi deve attraversare o ha attraversato il passo della Novena, forse un riferimento al vicino passo del San Gottardo con il suo ospizio, chiamato dai romani Mons Tremulus derivato dall’omonima valle Tremula che dal passo scende fino ad imboccare la valle Leventina, mentre dal versante opposto scende la valle della Reuss, cioè Rossa, forse un antico riferimento alla Morrigan Rossa.

            Il massiccio del san Gottardo la cui cima più alta è il Pizzo Rotondo 3192m slm.

prende il nome da un santo germanico del medio evo, ma non si conosce il toponimo precedente se non quello del passo, Mons Tremulus, 2106 m slm. Il quale considerando la spiritualità dei celti, farebbe riferimento al Populus Tremulus, una specie di pioppo che chiamavano Eadha, ed era sacro agli eroi morti in battaglia.

            Quindi possiamo supporre che la montagna fosse sacra a una divinità dei guerrieri come Bràn, il dio che resuscitava gli eroi immergendoli nel pentolone magico.

            Eadha potrebbe essere la radice che ha dato origine a toponimi come quelli dei fiumi Adda e Adige, e a montagne come l’Adamello e la Marmolada.

            Anche con il cristianesimo il pioppo sarà l’albero ornamentale dei cimiteri per eccellenza, a Cassano Magnago per esempio, in via Giuseppe Mazzini è ancora presente un filare di pioppi ormai ultracentenari che costituivano l’arredo del vecchio cimitero, chiuso nel 1924.

L’idronimo Ticino è originato dal nome romano Ticinum, quindi non si conosce l’effettivo idronimo in epoca preistorica, pertanto possiamo solo sollevare delle ipotesi.

La prima ci viene dalla radice etimologica sanscrita Tach con il significato di: si muove, che nelle lingue celtiche diventa: Tick, ancora in uso per indicare i movimenti involontari di un muscolo, secondo i linguisti questa radice è presente in altri idronimi come Tevere e Tigri.

            E appunto il Tevere anticamente chiamato Albula, un idronimo di origine caucasica portato in Italia dagli albani, e che che ancora oggi ritroviamo in Engadina in un affluente del Reno, che dà il nome anche all’omonimo passo; da sottolineare anche un affluente dell’Albula chiamato Giulia, che ci riporta alla gens Julia una antica famiglia romana che avrebbe preso il cognomen dalla tribù albana di origine.

            Considerando che l’Albula romano diventerà Thybris, Tiberis e Tevere, idronimi che fanno riferimento a un’antica divinità delle sorgenti chiamata Tiberinus, si può quindi ipotizzare le stesse mutazioni fonetiche anche per il nome del Ticino.

            Escludendo Tiberino, anche questo un teonimo italianizzato, e quindi non riconducibile al nome primitivo, la radice Tick ci porta alla mitologia irlandese e a Dian Cècht   un dio della salute, medico e guaritore dei Tùatha Dè Danann (danai dei quali gli albani erano una tribù).

Dian Cècht aveva numerosi figli: fra questi anche Cian il quale possedeva gli stessi poteri del padre, e in seguito a sua volta diventerà padre di lug.

Con l’aiuto dei suoi figli Dian Cècht rese magiche le sorgenti del Boyne, dove immergeva i guerrieri morti nella battaglia contro i fomori, facendoli risorgere.

Dian Cècht era conosciuto anche come Bormo o Bormanus, da cui gli idronimi Boyne in Irlanda e Bormida in Italia, ai quali possiamo aggiungere Bormio e Bornate Sesia ai piedi del Monte Rosa.

Da notare che la parola Check ancora oggi serve ad indicare una serie di controlli medici.

Quindi possiamo supporre che il nome l’idronimo Ticino sia originato da una mutazione del teonimo Cècht.

Un esempio da sottolineare è l’Arnetta, un piccolo fiume così chiamato dai varesotti per distinguerlo dal più grande Arno di Firenze, che i liguri chiamavano Fearn e i galli Samarà, questo fiume, nel tratto che bagna il confine di Cassano Magnago è indicato come Tecet, un diminutivo di Ticino? O una corruzione fonetica originata dal Teonimo Cècht?

            Come il nome del Ticino anche quello della val Leventina è di difficile interpretazione, comunque il prefisso leve e la radice ventina fa pensare al vento caldo della pianura Padana che risale la valle, ma anche all’orografia del territorio, che sale dolcemente per 58 Km dai 230 m slm. di Bellinzona ai 1175 m slm. di Airolo.

            Airolo è un toponimo italianizzato con l’aggiunta del suffisso rolo; in realtà il nome originale sarebbe il dialettale Airö, con il suffisso “rö” che indica le ruote, da cui il francese “rue”, sinonimo si via, quindi il toponimo poteva indicare la strada che sale sulla cima della montagna o al passo.

            Un'altra ipotesi è la possibilità che il vento caldo incoraggiasse gli aironi a salire fino a questa quota.

          Alle falde del monte Generoso, troviamo Mendrisio, “Mendrìs” in dialetto, un toponimo composto dalla radice “dris” derivata dal greco “drys” sinonimo di: “quercia”, e dal prefisso “Men”, il quale mi suggerisce il bretone “menhir”, “pietra grande, il che rispecchia il fatto che la Mendrisio moderna sorge ai piedi di  un  lungo altipiano roccioso, quindi con “Mendrìs” si intendeva  un menhir sacro, sul quale era posta una quercia consacrata a una divinità delle cime, come potevano essere i liguri “Albiorix” o ”Penninus”, ma soprattutto l'umbro "Summano", come sembra indicare il nome di Somazzo, il paesino che è posto nel punto più alto del menhir, quindi Somazzo è un sinonimo di "Colui che sta sulla Sommità " come appunto indica il teonimo Summano.

         A testimonianza dell’importanza storica della piccolissima Somazzo, c’è da segnalare il ritrovamento di una necropoli romana situata sotto la chiesa di San Giuseppe, e un sentiero che raggiunge Somazzo, chiamato “Strada Cassana”, Cassano è il nome primitivo della quercia, quindi una testimonianza diretta, dell’antica presenza di una quercia sacra.

La strada Cassana parte da un paesino posto prima di Somazzo chiamato “Salorino”, un toponimo originato dall’ aggettivo antico: “sala”, sinonimo di capanna o casa, quindi “la casa del rio”, che indica una grotta carsica, dove il rio che tuttora scende dalla montagna, scompare al suo interno.

      All’abbondante sorgente che sgorga ai piedi del menhir naturale, si deve il nome del monte: “Generoso”, dovuto al dio delle vette, che è rimasto come nome della montagna, ipoteticamente preceduto da un più antico “Summano Generoso”.

         Da Salorino parte un altro sentiero chiamato “giro di Campora”, il quale risale la montagna, compiendo un lungo giro attorno a una valle, tutt’ora utilizzata come pascolo, per poi ridiscendere a Somazzo.

Nella lingua dei celti Campora indicherebbe un campo sacro a Rethia Phora, e quindi un Gana, cioè un demanio pubblico i cui frutti dovevano essere conferiti al tempio della dea per poi essere ridistribuiti al popolo.

    Al vertice della valle Leventina c'è Airolo, "Airò", in dialetto locale, un toponimo originato da "Aira", nome pre ellenico del "loglio", un’erba da pascolo presente in numerose varietà, tra le quali il "Loglium temulentum", noto come l'erba della zizzania.

Per parlare di Airolo posso partire dal suo stemma, il quale contiene indizi importanti sulle origini della cittadina, infatti nel blasone di Airolo troviamo un abete bianco e un leone, due simboli che potrebbero avere significati celti, in quanto l’abete bianco era l’albero sacro alla dea madre, mentre il Leone è un riferimento al monte Leone e alla sottosezione delle alpi dove è situata Airolo, le quali sono chiamate: “Alpi del Gottardo e del monte Leone”.

Premesso che il monte Leone, il quale è situato in val Formazza al confine con il cantone Vallese, è la montagna più alta delle Alpi Lepontine e quindi il naturale punto di riferimento religioso dei leponzi, non a caso sulle sue pendici, in val di Vedro, è stata ritrovata un’iscrizione di ringraziamento a “Tintus Moccus”, una provabile forma ibrida di devozione, rivolta a al dio primitivo Teutatis e al suo nuovo alter ego Lug.

Un esempio dell’associazione dio-leone, ci viene dalla Francia dove le antiche “Lugdunum” sinonimo di “Fortezza di Lug”, sono diventate: Lione, Laodun e Laon, un'altra Lugdunum era situata alla foce del Reno, oggi è diventata Katwijk un toponimo che nella lingua olandese significa “Quartiere del Gatto”, attributo che si contende con la vicina Leiden (Leida in italiano) nello stemma della quale è presente un leone.

Airolo è situata ai piedi del pizzo Lucendro, una forma antica di “Lucente”, il quale era un epiteto rivolto a Lug, e non a caso il nome del passo Gottardo, anche se si riferisce a un santo cristiano, nella lingua germanica significa: “Dio Forte”, “Gott + hard”, pertanto il Gottardo (forse il monte Leone), analogamente alla città di Lione, erano il: “Forte di Dio”, quindi il nome del santo è solo una sovrapposizione cristiana a un toponimo già esistente che aveva lo stesso significato.

Una conferma che siamo di fronte alla continuità di una tradizione antica, che lega il simbolo moderno di una comunità, all’animale totemico degli abitanti primitivi, lo troviamo anche a nord del pizzo Lucendro, dove c’è il cantone “Uri”, un etnonimo che richiama l’antico bue sacro, la cui immagine è rappresentata anche nel blasone del cantone, da ciò per continuità di tradizioni  possiamo anche supporre che il leone fosse l’animale totemico dei leponzi, in quanto oltre ad essere il re degli animali è simbolo di forza coraggio e fierezza.

Sulle pendici del monte Lucente troviamo l’omonimo lago, e il lago della Sella forse sacro a qualche divinità della fertilità, ma il territorio circostante è devastato dalle frane causate dalle numerose sorgenti presenti sul fianco della montagna pertanto ogni possibile traccia di luoghi sacri è stata cancellata da secoli.

 Tra questi torrenti voglio segnalare il “Rì d’Airolo”, con il suo affluente “Rì della Valascia”, i quali sarebbero il retaggio di una sorgente anticamente sacra alla dea madre.

Da citare anche la località “Lüina”, un altro riferimento vedico.

Lugano è attraversata dal fiume Cassarate, “Casarà” in dialetto, che sorge nei pressi del passo san Lucio che divide la Svizzera dall’Italia; secondo la tradizione cristiana, san Lucio era un pastore casaro che visse nel XII secolo proprio nei paraggi dell’omonimo passo, da ciò il nome del fiume “Casarà, cioè il fiume del casaro, ma il nome Lucio m’insinua nella mente il sospetto di una sovrapposizione cristiana al culto di Lug, chiamato: “Il Lucente”.

Il fiume Cassarate divide l’omonimo quartiere da Castagnola, un altro riferimento a un albero, il Castanos, che come il Cassanos sono la continuazione della tradizione paleolitica del Bhagus, albero del pane.

A monte di Castagnola e Cassarate troviamo Viganello, il cui toponimo è un diminutivo del longobardo “vigano”, si trattava del nome longobardo di quello che in epoca romana era un Ager pubblico, o un gana dei leponzi, cioè di un terreno a disposizione di tutta la comunità, il quale per evitare abusi era amministrato da un incaricato.

Il sostantivo vigano è costruito sulla radice “Gana”, che nella lingua sumera e nel persiano primordiale significava: “demanio”, al quale è stato aggiunto il prefisso “Vi” derivato dal latino “Vicus”, da cui il significato di: “Demanio del Villaggio”.

Un altro riferimento alla religione veda, lo troviamo sul versante svizzero del Tamaro, dove al passo Monte Ceneri si forma la val Vedeggio, percorsa dall’omonimo fiume, il quale si immette nel Ceresio nei pressi di Agno.

La Sorgente principale del Vedeggio è sul monte Camoghè, un nome di sicura origine celtica, tanto più che a causa dell’abbondanza di ferro presente nelle sue rocce spesso le acque del Vedeggio si colorano di rosso, un fenomeno che i celti hanno sicuramente alla presenza di qualche divinità.

In particolare si può citare il dio della guerra Camulos dal cui teonimo deriva anche il nome dei Camuni, in particolare il suffisso “ghè”, è il sinonimo dell’italiano “c’è”, quindi indica la presenza di Camulos.

Oltrepassato il lago d’Elio un idronomo del quale mi sembra superfluo parlare si entra in Svizzera per la piana di Magadino; si tratta di un ‘antica palude generata dai depositi alluvionali del Ticino, bonificata nell’800, che prende il nome di una piccola località chiamata Magadino, Magadinin in dialetto moderno, Magadìi nella forma più antica, cioè: Piccolo Campo.

Oltre il Ticino s’incontrano le vere Alpi, con la val Verzasca, stretta e ripida con l’omonimo fiume che scende da quota 2800 m., fino a confluire nel lago Maggiore.

Assieme a tracce di insediamenti umani di particolare pregio presso la foce del Verzasca, risalenti al XVIII secolo a.C., , nel comune di Berzona, sono stati ritrovati quattro massi ricoperti da incisioni preistoriche, come: coppelle, croci antropomorfe e forme di piede umano la cui realizzazione risale al VIII secolo a.C., il più grosso di questi è chiamato “ul Sas di Striői”, vale a dire: “il Sasso delle Streghe”.

Considerando il prefisso “Ber” si può pensare al dio ligure delle sorgenti Bormanus il sostantivo “zona” è una forma latina che trova una corrispondenza nel greco “èκταση”, ma possiamo pensare anche al greco antico “hieron”, “recinto sacro dedicato al culto”, quindi sorgente recintata sacra a Bormanus; infatti Berzona sorge su un’altura che si affaccia sul lago artificiale della Val Verzasca, apparentemente non ci sono sorgenti, ma come nel caso di Somazzo la sorgente poteva essere ai piedi dell’altura, dove successivamente fu sommersa dalla formazione del bacino imbrifero.

Il sasso delle streghe lascia supporre che nel luogo si venerassero anche le matrone dell’acqua, che in epoca cristiana furono identificate come streghe.

Ma il fatto che Berzona è situata in montagna, sul pendio che porta al “Pizzo della Croce”, bisogna considerare anche a una corruzione di “berg”, sinonimo gallico di montagna, e quindi Monte sacro recintato, nome continuato con il cristiano monte Croce.

Il lago artificiale, attualmente è chiamato con il nome di “Vogorno”, il capoluogo di Berzona, quindi prima della realizzazione della diga di “Contra” è possibile che ci fosse un laghetto alimentato dalla sorgente sacra chiamata Berzona.

È interessante notare la presenza dell’idronimo “Berzasca”, (affine a Verzasca) al confine tra la Serbia e la Romania, si tratta di un affluente del Danubio, il quale dà il nome anche alla località posta alla sua foce, dove troviamo anche un toponimo Cozia, diffuso in tutta la Valachia e nel territorio interessato dalla cultura di Varna, luogo di provenienza dei popoli che hanno fondato la cultura ligure e portato il culto di Varuna nella pianura Padana e sulle Alpi, i quali hanno lasciato nella toponomastica le tracce delle loro migrazioni periodiche lungo il Danubio, come “Orsova”, (Ursoua in lingua dacia), un toponimo che fa riferimento ad “Artios”, l’orsa che domina la frana e l’alluvione.

Infatti l’Orsova primitiva fu fondata all’interno di una valle di origine franosa da cui il nome legato ad Artios, l’Orsa che Domina la Frana la valle, è attraversata dal fiume “Cerna”, che confluisce nel Danubio.

Sull’altipiano alle spalle di Orsova troviamo Barza un altro toponimo caratteristico nel Ticinese e nel Varesotto, la natura vulcanica del terreno, e la presenza nel territorio di sorgenti termali fanno pensare al culto di Bormanus, il dio delle acque e della salute. che sostituì Varuna.

Lungo il Danubio tra i vari toponimi italofoni, possiamo citare Poiana e Comana.

In realtà scorrendo la carta topografica della Romania, dai toponimi appare evidente che l’affinità linguistica tra il rumeno e l’italiano ha radici ben più profonde dell’ocupazione romana.

Tra gli affluenti del Danubio bisogna citare il Tibisco, il quale scorre a nord dei Carpazi in quanto i suoi nomi antichi e nazionali suggeriscono una forte affinità al nome del Ticino.

Il Tibisco anticamente era chiamato Tissus o Tisia, mentre oggi viene indicato con i nomi: “Tisza”, in ungherese, “Tisa”, in slovacco rumeno e serbo “Theiß”, in tedesco, idronimi etimologicamente molto affini al dialettale “Tisìi”, la forma che dovrebbe avvicinarsi maggiormente al nome leponzio del Ticino.

Di fianco alla Verzasca c’è la val Maggia, ampia e meno impervia della Verzasca ma raggiunge ugualmente i 2800 m, già il suo nome ci dice che si tratta di un fertile campo, attraversato dall’omonimo fiume che sbocca nel Verbano tra Locarno e Ascona.

La località più elevata (1500 m) della val Maggia è "Bosco Gurin", ovviamente la forma Gurin è una pronuncia corrotta dall'italianizzazione, molto più attendibili sono le forme "Gurìi", o "Gurino".

Abitata dal XII secolo d.C., da un gruppo di Walser provenienti dalla vicina val Formazza, Bosco Gurin ha preso il nome da un bosco sacro, dove in epoca pre cristiana viveva un Gurù, da ciò il toponimo tramandato da sempre: "Bosco del Gurù", non a caso siamo ai piedi del ghiacciaio di Basodino, il quale rappresentava una manifestazione della Grande Madre.

In merito alla presenza del gurù, è rimasta anche un’antica leggenda che parla di un folletto che custodiva un tesoro, chiaramente, seguendo la tradizione insubre, si trattava del gurù che custodiva il tesoro della dea, anche perchè sempre secondo la leggenda: una bambina ritroverà il cadavere del folletto, nei pressi del lago di "Robièi".

Si tratta di un lago artificiale che ricopre quello che un tempo era l’Alpe di Robièi, situata ai piedi del ghiacciaio del Basodino.

Per quanto riguarda il nome della montagna, la radice Baso ci porta a Base, e per derivazione a piede o artiglio, mentre il suffisso dino significa mostruoso o terrificante, forse un riferimento al drago Varuna.

Altri piccoli ghiacciai come il "Cavagnòo", il "Valleggia", e il "Val Torta", ormai quasi scomparsi, danno l'idea di un unico grande ghiacciaio che ancora durante l'età del bronzo ricopriva l'alta valle, un territorio che mostra ancora evidenti i segni dell'erosione glaciale, e nella toponomastica non mancano i riferimenti all'Orsa che domina la frana e l'alluvione, come Pizzo d'Orsalia, Pizzo d'Orsalietta, Bocchetta d'Orsalia e relativi torrenti, quindi luoghi franosi, dove tra i detriti si poteva trovare pietre apparentemente preziose o minerali pregiati, da cui il toponimo Robièi, cioè: roba bella.

Da citare in alta val Maggia anche il lago di "Sambuco", un invaso artificiale che prende il nome dall'omonima valle, un toponimo che fa riferimento all'albero delle fate e della tredicesima luna, che la tradizione celtica, seguendo il calendario lunare, legava ai festeggiamenti dell'anno nuovo.

Al Sambuco si aggiunge il lago del "Narèt" (2310 m slm.), il quale prende il nome dall'omonimo passo.

Narèt era l'etimo ligure che indicava l'albero delle noci, in epoca ellenica sacro a Dioniso, poi divenuto l'albero delle streghe durante il cristianesimo, per via dei baccanali che si celebravano sotto le sue fronde.

In origine Dionisio era una divinità della natura anatolica, forse anche una dea madre, la cui identità è stata snaturata dagli elleni per poterla inserire nel loro panteon divino.

Infatti, l'albero che produce il frutto commestibile, del quale si conosce solo il nome scientifico "Juglans Regia", "Iuglandis Partem", in latino, che significa "Ghianda di Giove”, proviene dall'Anatolia, quindi mi sembra evidente che il nome primitivo avrebbe fatto riferimento a una divinità anatolica.

Quindi Narèt potrebbe essere il nome primitivo di Dionisio.

Narèt sarebbe all'origine di toponimi come Nogara (Verona) e Nogaro, due nel Friuli e uno in Francia cittadina posta sui Pirenei Meridionali, tutte località che vantano l'antica presenza di vasti noceti.

Nell'alta val Maggia troviamo il lago "Sfundau", (2392 m slm.), un toponimo tipicamente sardo, che significa senza fondo, "Sfondato", in italiano, "Sfundà", in lombardo, infatti si tratta di un ampio imbuto carsico, che raccoglie le acque che scendono dal monte Cristallina, le quali penetrando tra le rocce del fondo, vanno a formare una cascata che precipita nel sottostante lago Bianco.

Sfundau è una eclatante testimonianza dell'antico legame culturale tra insubri e sardi, che ritroviamo anche nel bellunese, dove oltre al monte Cristallo e a numerosi toponimi come "Croda" e " Campo", presenti in val Maggia, troviamo numerosi toponimi nei quali spicca il suffisso tipicamente sardo come: "Giau, Corones, Fannes, Sennes Brailes", come sulle rive del Tagliamento dove troviamo numerose località come: "Avasinis, Trasaghis, Peonis, Cordenons" ecc.

Tutto ciò è suffragato da toponimi presenti nel Ticino e nel Varesotto che fanno pensare alla presenza di una tribù ligure chiamata "Sardi", si tratta della val "Serdenna e l'omonimo fiume che scendono dal monte Camoghè Monteceneri e da due antichi villaggi nel Varesotto: "Sardenna a Cassano Magnago e " Sardegna" a Buguggiate.

Si tratta di un legame culturale che potrebbe risalire all'età del rame, quando l’Italia era abitata da indoeuropei appartenenti a un ceppo genetico (aplogruppo "G"), ancora oggi presente in Sardegna e sulle Alpi Orientali, più antico di quello celtico (aplogruppo "R1b).

            Ma come abbiamo già visto, sul finire dell'età del bronzo, in seguito a una grave carestia (attestata da documenti egiziani), e che provocò anche la caduta dell’impero ittita, e favorì l’invasione dei pastori elleni, ci fu una migrazione di massa verso l’Europa, tra i quali gli abitanti della Lidia, la cui capitale era Sardi, quindi possiamo supporre che clan di lidi  si siano insediati sia in Sardegna che tra i leponzi.

L'unica città della Lidia della quale si conosce il nome primitivo è Mileto, che gli Ittiti chiamavano "Millawanda", e i militi sono citati tra i gaelici che invasero l'Irlanda, ma questa è storia che risale all’Età del Rame.

Per quanto riguarda la Lydia, la Lycia e la Libia (cosi era chiamata in origine la Siria, quando era abitata dagli indoeuropei), si tratta di etnonimi originati da nomi femminili antichi, i quali non erano altro che la corruzione del teonimo "Ilithia", una grande madre caucasica, dalla quale potrebbe derivare anche il nome dei liguri, che i greci chiamavano "Ligues".

Locarno in dialetto è chiamato Locarn, un toponimo composto dalla radice latina "Lucus", sinonimo di bosco sacro e “arn” nome celtico dell'ontano (alnus in latino), albero sacro a "Bran" il dio che resuscita i guerrieri morti in battaglia, ma che rappresentava anche la "Morrigan", la regina della palude, un entità dal duplice aspetto: "La Nera", annunciatrice di morte, ma anche "La Rossa", dea madre.

Esiste anche un nome di Locarno in tedesco antico, “Luggarus” (vale anche per Lugano), sinonimo di città sacra a Lug, mentre Ascona ha il nome dialettale nella forma di “Scona”, pronunciata come “Kona”, da cui possiamo pensare ad Epona infatti la radice “Asco”, con il suffisso “ona”, dovrebbe essere il riferimento a una sorgente sacra dove si adorava Epona, o come per il fiume Olona, una dea madre, con ogni provabilità si tratta dell’attuale santuario dedicato alla Madonna della Fontana, costruito su una sorgente che sgorga dalle falde del monte “Monescia”, (oggi Verità), una collina il cui nome contiene la radice greca “mònos”, = “solo”, che con il sanscrito scià, dovrebbe significare “unico re”, ma considerando la presenza di una divinità femminile, prenderei in considerazione anche il nome  celtico del monte di Venere “mona”,   forse originato dal greco “bounòs” sinonimo di monte o altura, si tratta di un aggettivo ancora in uso nel dialetto veneto che viene utilizzato per indicare l'organo genitale femminile, ma anche una persona ingenua o stupida.

Nel tentativo di identificare il significato del toponimo Monescia, bisogna considerare anche il nome primitivo dell’isola di Anglesey nel Nord Ovest del Galles, che i romani chiamavano: “Mona insula”, mentre “Môn”, era il nome gaelico dell’isola, da cui il motto: “Môn Mam Cymru” che significa Môn Madre del Galles; in quanto Cymru sarebbe il nome tribale dei gallesi, mentre il toponimo Galles era usato dai romani per indicare una regione dove si parlava il gaelico.

Mona era considerata l’isola dei druidi, e il luogo di culto più importante del Galles, sulla quale i sacerdoti si riunivano annualmente per i loro concili, e approfittando proprio di uno di questi incontri, (61 d.C.) che allo scopo di porre fine alle continue rivolte fomentate dai druidi, il governatore romano Svetonio Paolino compì il massacro di Menai, durante il quale sterminò tutti i druidi del Galles, e distrusse il santuario con tutti gli alberi sacri, e conseguentemente tutto il sapere scientifico di cui i gurù erano a conoscenza.

Il monte di Venere può essere simboleggiato anche dall’ampio estuario del fiume Maggia, sul quale sorgono Ascona e Locarno, quindi nella tradizione vedica queste due località avrebbero simboleggiato l’incontro tra Lug e la Dea Madre.

Da ricordare che il nome medioevale della sorgente, del Monescia sarebbe stato: “Parlengora”, “sorgente che parla”, in quanto le sue acque avrebbero guarito una pastorella muta.

In entrambe le località si sono avuti importanti ritrovamenti archeologici risalenti all’età del bronzo e successive.

A Locarno, in seguito all'apparizione della Madonna sopra a uno sperone di roccia che domina il lago, in località Orsellina fu eretto un santuario dedicato alla Madonna del Sasso.

Ma non bisogna dimenticare che il territorio è dominato dal monte Madone, il quale divide la val Maggia dalla Verzasca, il cui toponimo unito ai molti riferimenti celti che troviamo ai suoi piedi fanno pensare a una sacralità più antica dell’apparizione della Madonna, in quanto a fargli da contraltare sul versante nord della valle Verzasca, troviamo la ben più alta Cima Dell’Uomo, un nome generico che è chiaramente surrogante a un toponimo antico che faceva riferimento a una divinità maschile.

La cospicua presenza nel territorio di toponimi che contengono la radice “Borgna”, mi fa pensare alla divinità delle acque Bormanus.

Orsellina è un toponimo che suona come un vezzeggiativo di orsa, vale a dire Artios, l'orsa che domina la frana e l'alluvione, una delle matrone dell'acqua, mentre la strada che raggiunge il santuario, ancora oggi è chiamata: "Via del Consiglio Mezzano", un toponimo che ci dice chiaramente che quella strada era percorsa dalla gente che si recava al centro spirituale per chiedere consigli al gurù o alla mezzana che lo sostituiva; quindi siamo di fronte a toponimi che fanno un preciso riferimento a tradizioni pre cristiane, con le quali la gente, nel timore di frane e alluvioni, cercava di ingraziarsi i favori di Artios.

Da notare che Ascona è un toponimo simile a quello della città di Ancona, la quale a sua volta, anche se non è attraversata da fiumi, sorge su un promontorio collinoso a forma di monte di venere, in oltre come nel caso di Skona”, nel dialetto locale a sua volta, il toponimo è pronunciato in due parti, vale a dire “An/kona”, in seguito al quale gli storici avrebbero attribuito l’origine del toponimo al greco “ankòn”, sinonimo di gomito.

Ma nel caso di Ancona bisogna considerare che sul promontorio dove oggi sorge la basilica metropolita di san Ciriaco, nel IV secolo a.C., troneggiava un tempio greco, sacro ad Afrodite Euplea, vale a dire: una dea dell'amore, alla quale era stato conferito anche l'attributo di: dea della buona navigazione; un retaggio delle origini primordiali della dea, quindi mi sembra evidente che i due toponimi facevano riferimento a luoghi dove i naviganti potevano ripararsi dalle bufere che arrivavano da sud., che in estate sono molto forti anche sul Verbano.

Pertanto mi sembra evidente che il promontorio (un rifugio al sicuro dalle bufere), era sacro ad Afrodite/Venere, e che Ankòn o Kona avessero il significato di: Monte di Venere.

Allo stesso modo dobbiamo considerare il dialettale “cüna”, sinonimo di culla, pertanto kona poteva anche indicare il golfo, dove durante le tempeste le navi venivano cullate dalle onde, grazie alla protezione del Monte di Venere.

Possiamo anche supporre che sullo stesso promontorio gli italici primitivi adorassero una dfvinità pre ellenica, e che l’aggettivo Kona fosse già in uso prima dell’arrivo dei greci.

 

Quindi Ascona e Ancona sono due toponimi originati dalla fusione per difetto di pronuncia di due articoli indicativi (As e An), all’aggettivo kona.

Da citare anche una "Scone" in Scozia, un Villagio nei pressi di Perth, famoso perchè vi si conserva la "Pietra del destino", un parallelepipedo in arenaria rossa portato in Scozia dai gaelici, sul quale secondo la tradizione cristiana, Giacobbe avrebbe ricevuto una visione divina, mentre in seguito si ruppe mentre Mosè tentava di adattarla a contenere l'acqua.

Il villaggio di Scone si caratterizza anche per la presenza di una "Moots Hill", chiamate anche "Colline Controvoglia", in quanto si tratta di alture artificiali.

Alte solo qualche metro, sono molto diffuse in Scozia, nel Medio Evo erano usate come luogo per le assemblee, ma si pensa che siano più antiche, forse i resti di insediamenti come i "Tell" del Medio Oriente, ma anche tombe a tumulo come i "Kurgan", da una delle quali potrebbe essere emersa quella che oggi è chiamata "Pietra del Destino".

Moots viene tradotto come "discussione", quindi il significato di Moots Hill sarebbe: "Collina della Discussione", ma si può tradurre anche in "Mota", quindi le Mota Rusa lombarde, altrettanti luoghi di culto.

Risalendo la piana si Magadino si arriva a Bellinzona, “Bellenz “, nel tedesco antico, quindi come per Berzona è sinonimo di “recinto sacro a  Bel”, da notare che a testimonianza dell’antica esistenza di un luogo sacro a Bel, nel centro storico della città, sopra a una roccia sporgente (il classico omphalos o menir),  si erge il castello di Belmonte “Monte di Bel”, dal quale deriva il toponimo Bellinzona, mentre il romano “Bilitio” indica: “Due Pietre”, forse le pietre miliari che segnavano l’inizio di due strade diverse.

Nei pressi di Bellinzona troviamo Camorino, il cui nome deriverebbe da una curva che il fiume Morobbia compie prima di gettarsi nel Ticino, quindi dal gallico “kam” abbiamo curva del rio”, mentre l’idronomo Morobbia deriverebbe da due laghetti che forma prima di entrare nella piana di Magadino, quindi da “Morga”, due paludi.

A Morobbia, dove i nomi delle vie sono tutti in dialetto ticinese, spicca il quartiere “In Pasquee”, un chiaro riferimento a un antico demanio pubblico.

Salendo lungo la valle Leventina si passa per Biasca, un nome che dovrebbe indicare due cose nascoste, ma il dialettale Bieschia esclude il suffisso asco sostituendolo con “eschia”, il che ci porta al latino “scledum” nome di una specie di quercia o di un querceto, chiamato anche: gli ”ischi”, quindi il riferimento si rivolge a due querce o boschi sacri.

Biasca ha un'altra caratteristica naturale, è posta alla confluenza del fiume Brenno con il Ticino, e l’affluente prima di sfociare nel Ticino si divide in due rami formando un’isola, quindi il significato toponomastico di Bieschia, potrebbe derivare dal latino “isthmus”, sinonimo di istmo, quindi istmo tra due fiumi.

Da notare anche il fatto che Biasca è situata all’interno di un pianoro a forma di “ V ”, formato dalla confluenza della valle di  Blenio nella valle Leventina,  pertanto si può pensare anche alla corruzione  di un antico Viasca in Biasca, il quale aveva il significato di “dentro la V”.

A monte di Biasca c’è Bodio, che come l’omonimo Lomnago, sarebbe una voce ligure con il significato di “Senza Fondo”, un’ipotesi sostenuta anche dal fatto che nel territorio di Bodio, ci sono molti affluenti del Ticino, le cui acque lo fanno ingrossare in modo considerevole; ma si può pensare anche a un pascolo per buoi sacri.

Da Bellinzona si sale anche al Passo del “Lucomagno”, un toponimo che molti attribuiscono l’origine all’etrusco “Lukùmone, dal significato di re o alto magistrato, ma possiamo affermare con certezza che nella lingua dei celti, Lucomagno significava “Campo sacro a Lug”.

Alla periferia di Bellinzona c’è il monte Carasso, facente parte del gruppo “Cima dell’Uomo”, sulla sommità del quale c’è un altipiano chiamato Mornera, toponimo originato in epoca celto romana, che come abbiamo già visto è sinonimo di palude, ed è proprio giustificato dalla presenza di una piccola palude.

Il toponimo Carasso sembra derivato dal nome di un pesce d’acqua dolce, il carassio, ma si possono considerare anche il latino medioevale “canna”, con riferimento alle canne che crescono nella palude, mentre il prefisso “car” potrebbe indicare un sinonimo di “caratello”, vale a dire carro munito di botte, quello che potrebbe simboleggiare un monte sulla cima del quale c’è un laghetto.

A nord del lago di Como ci sono due passi alpini che portano in svizzera dal nome curioso, “Maloja” e “Spluga”, “Splüga”, nella pronuncia lombarda, “Splügen” in germanico.

Maloja, sinonimo del romancio “Malögia” e del lombardo italianizzato “Maloèugia”, ma la definizione lombarda più autentica è “Malöcc”; questi toponimi hanno tutti il significano di: “malocchio”.

Quindi la definizione più appropriata sarebbe: “passo del Malocchio”, una conclusione avvalorata anche dal romancio: “maloss”, nome locale dell’ontano, albero sacro alle divinità della morte, la cui abbondante presenza attorno ai laghi dell’Engadina e al passo Maloja, ha indotto la gente a temere quel luogo.

Al passo del Maloja si arriva risalendo la Val “Bregaglia”, il cui nome sembra essere originato dal celtico “Brig”, sinonimo di altura mentre il suffisso “gaglia”, avrebbe il significato di “Gagliarda”, e farebbe riferimento alla ripida parete che separa la valle Bregaglia dall’altipiano dei Grigioni, che in quel punto lo rendeva inattaccabile, sia dai romani, che dai barbari, che in epoche successive invasero l’Italia.

Anche il passo dello Spluga, con i suoi 2100 metri di altitudine potrebbe essere un luogo inespugnabile, ma la sua valle non è impervia come la Bregaglia, tanto che fin dall’antichità era conosciuto per il suo transito agevole, al punto che i suoi ampi pascoli fanno pensare alla radice indogermanica “spa”, sinonimo di “stendere”, dalla quale ha origine cui anche “spazio”.

Però i nomi romanci “Splegia”, e “Spleia”, mi fanno pensare a uno specchio e al lago di Montespluga come ad uno specchio di Lug.

Splügen si può raggiungere anche dal passo di san Bernardino, posto in cima alla val Mesolcina, percorsa dal fiume Moesa, un affluente del Ticino dal quale con ogni provabilità prende il nome.

Mesolcina come il capoluogo Mesocco contiene la radice “Meso”, etimologicamente derivante dal greco antico “Mesos”, indicativo di: in “mezzo”

Monte San Bernardino non è una montagna ma un villaggio posto in prossimità del passo, però il suo nome antico era “Gualdo de Gareda”, un toponimo di origine longobarda tradotto in “Bosco della Guarigione”, una traduzione suggerita dal fatto che il villaggio sorge attorno alla sorgente della Moesa, le cui acque sono ricche di ferro magnesio e zolfo, che con il ritrovamento di vasche in legno di epoca romana, hanno fatto pensare a un centro termale primitivo.

La Mesolcina potrebbe essere stata abitata dai medulli, o meduli una popolazione di montanari che abitava la val d’Aosta e la Savoia; contrariamente alla definizione di “Galli”, essendo dediti all’estrazione dei metalli sembrerebbero liguri.

Un clan di Meduli avrebbe fondato Bordeaux alla quale diedero il nome di “Burdigala”, mentre la regione circostante prese il nome di “Medòc”, che conserva ancora oggi.

Nella lingua basca Burdigala è un toponimo composto da due radici, “Burdi”, che significa “ferro” e, “gala” sinonimo di fonte, quindi Burdigala significherebbe “fonte del ferro”, ma la città è attraversata dal fiume Garonna, il cui idronomo etimologicamente è affine alla Gareda di san Bernardino.

Gareda e Garonna (Garona in basco e lombardo), possono essere dei riferimenti a Grannus, nome latino, di un dio della salute e delle sorgenti termali, che i romani identificarono con Apollo.

Alcuni linguisti attribuiscono al suffisso “onna”, il significato celtico di acqua, quindi Garonna indicherebbe l’acqua di Grannus.

Gareda invece contiene il suffisso “reda”, sinonimo di domatore di cavalli, quindi la Gareda oltre a Grannus poteva essere un luogo sacro anche a Epona, matrona delle acque, ma anche protettrice di cavalli e cavalieri, pertanto si può ipotizzare che il luogo fosse frequentato da cavalieri bisognosi di cure.

Quindi il “Gualdo de Gareda” era un bosco sacro al dio Grannus, o a Epona, protettrice dei cavalieri.

Secondo alcuni studiosi Grannus sarebbe un alter ego di Bormanus, al quale vengono attribuite come moglie svariate divinità femminili dell’acqua e della salute.

Volendo trovare un’origine a questa divinità, si può pensare ai “graioceli”, una piccola tribù valdostana, e alle alpi Graie dove vivevano, i quali avrebbero preso il nome in quanto adoratori di Grannus, il quale a sua volta veniva identificato con le rocce di granito dal quale sgorgava l’acqua, e simboleggiato dal monte Bianco, una montagna composta essenzialmente da granito.

Trovo importante sottolineare l’analogia esistente tra due divinità delle acque, come Grannus e Kephisus, i quali danno (o prendono), il nome alle rocce dalle quali sgorga l’acqua, un’analogia che testimonia l’identità culturale dei popoli che durante l’età pre cristiana abitavano le Alpi.

Da Grannus ha origine il nome di Aquisgrana, “Acquae Granni” (nome latino), città nota per le sue sorgenti termali, quindi Garonna sarebbe il sinonimo celtico del latino Aquisgrana.

Burdigala ci permette di individuare alcune affinità tra la lingua basca e il dialetto lombardo, infatti “burdi” è la radice del lombardo “Burdioo”, o, “Burdignoo” che indica una sbarra di ferro, dalla quale anticamente si ricavava una spada, mentre “gala”, in dialetto è sinonimo di galleggiare, gala è anche la radice di gallone, unità di misura dei liquidi degli inglesi.

Nei pressi di Bordeaux troviamo Marignac, omonimo del Marignano italiano, oggi Melegnano.

A conferma dell’identità culturale degli antichi abitanti della Mesolcina con le popolazioni francesi va ricordato che l’etimologia del nome della Moesa deriva dalla stessa radice dalla quale hanno origine gli idronomi dei fiumi francesi Mosa e Mosella.

Per tutta la prima metà del secondo millennio la Mesolcina fu un feudo della famiglia De Sacco, che poi lo vendette al Trivulzio.

Il nome dei De sacco potrebbe essere collegato a un paesino situato sulle colline che circondano la piana di Magadino, “Robasacco”, un toponimo che come Gazzada in provincia di Varese farebbe riferimento a un tesoro ligure rubato, provabilmente dal capostipite dei De Sacco, grazie al quale i suoi discendenti dominarono la Mesolcina per mezzo millennio.

Curiosamente il capoluogo di Robasacco si chiama Cadenazzo, che tradotto in dialetto significa “Cadenasc”, sinonimo di catenaccio, forse esiste una relazione tra il sacco rubato e il cadenasc? (strumento per chiudere le porte).

Il monte san Giorgio è un patrimonio dell'umanità, per via dei fossili di animali preistorici ritrovati tra le sue rocce.

Il fatto che una montagna sulla quale si ritrovano i fossili di animali giganteschi e spaventosi, porti il nome di san Giorgio, adorato nel Medio Evo come uccisore del drago, mi fa pensare che anticamente il ritrovamento dei fossili ha indotto gli ariani a credere che si trattava del luogo dove Indra avrebbe ucciso il drago Varuna e i suoi discendenti.

In seguito a questa credenza il monte divenne sacro, e vi si celebravano riti di ringraziamento a Indra che con la cristianizzazione divenne san Giorgio uccisore dei draghi.

Oggi sul monte san Giorgio cè un oratorio dedicato al santo guerriero, costruito sui resti di una chiesa medioevale, realizzata proprio da quei celti convertiti.

Alle falde del monte san Giorgio troviamo la località di "Meride", un toponimo il cui prefisso "Mer" corrisponde all'indoeuropeo "distesa d'acqua", è un facile riferimento al lago Ceresio, ma Meride si trova in montagna, quindi il suffisso ide potrebbe significare riva come anche Riva San Vitale.

In alternativa possiamo pensare al significato di: “Mare di Ida”, un’antica divinità antesignana di Demetra e Cerere dalla quale successivamente prese nome il lago Ceresio.

Esistono due monti Ida, il primo è sull’isola di Creta, il secondo nei pressi di Troia (Wilusa) famoso per essere il luogo dove le tre matrone, Hera Afrodite e Athena, chiesero a Paride di offrire la mela alla più bella di loro.

Anticamente in Egitto c'era un lago Meride oggi chiamato "Quarun, che i greci chiamavano Moeris, lo stesso nome veniva attribuito a Eris, quando si aggirava sui campi di battaglia, per compiacersi della morte di tanti guerrieri; in pratica era una alter ego della Morrigan dea dalla doppia personalità, matrona del parto e annunciatrice di morte.

Siccome la Morrigan era la "Regina della Palude", Meride deve essere considerato il suo nome nel ruolo di annunciatrice della morte.

A conferma di questa ipotesi sul lago Ceresio cè anche una Melide, la Morrigan nella forma di dea Madre, infatti possiamo considerare un ipotetico antico "Melidea", da "Melissa" la dea che nutre.

Nei pressi di Meride esiste un sito archeologico chiamato "Tremona Castello", si tratta di un villaggio fortificato, abitato dal primo neolitico fino al XIII secolo d.C., quando i suoi abitanti si sono trasferiti più a valle.

Il toponimo è di origine celtica, e fa riferimento a tre divinità femminili, che potrebbero essere le matrone dell'acqua, "Sulevia, Epona e Artios", ma non si può escludere la triplice dea Ecate, una divinità pre ellenica, della quale non si conosce il nome primitivo.

Nelle statue i greci la raffiguravano con tre volti, che rappresentavano le tre fasi principali della vita femminile: "Infanzia", "Maturità" e  "Vecchiaia".

Ecate regnava sui Demoni selvaggi, la Notte, la Luna, i Fantasmi, i Morti, e la Negromanzia, aveva tre ancelle mostruose, chiamate "Empuse", che di notte terrorizzavano i viaggiatori.

Pertanto mi sembra che la figura di Ecate sia molto attinente alla presenza di fossili mostruosi.

Considerando l'epoca dell'abbandono del sito si può pensare che nel periodo medioevale il villaggio era una roccaforte degli alleati del Barbarossa, e abbia subito la stessa sorte di Castelseprio.

Sul versante settentrionale del monte San Giorgio, in riva al lago Ceresio cè riva san Vitale, il cui nome romano era "Vicus Subinates", vale a dire "Città dei Subinati", il quale fa il paio con "Vicus Sebuinus", di Angera sul lago Maggiore.

Essendo quella dei subinati una tribù sconosciuta, ritengo che si trattava di una popolazione retica, forse i sabini primitivi, i quali hanno diffuso il nome di Summano nel Mendrisiotto prima di spostarsi più a sud.

Allo stesso modo considerando che il nome del lago Ceresio è un chiaro riferimento alla divinità romana "Cerere" si può concludere che il nome primitivo del lago, faceva riferimento al sebuino, il bue sacro, e fosse un sinonimo di Sebino, come Subinates per esempio.

 


           

Rino Sommaruga

 

 

Sono presenti informazioni su Mendrisio e l'altipiano di Quinto, anche nei capitoli:

"Le radici dell'Europa", e "Cassano Magnago e gli Insubri".

 

 

 

Bibliografia

 

 

L’Indoeuropeo Lingue Popoli E Culture                                        Andrè Martinet

Noi Celti E Longobardi                                                                  Gualtiero Ciola

I Celti E Milano                                                                             Marcorco F. Barozzi

Imperatrix                                                                                            Edgarda Ferri

I Liguri E La Liguria                                                                        B. M. Giannattasio

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La Dea Bianca                                                                                    Robert Graves

I Druidi E I Loro segreti                                                                      Morgan Brooks

Minoici E Micenei                                                                           Leonard R. Palmer

I Celti d’Italia                                                                                     Venceslas Kruta

                                                                                                      M. Valerio Manfredi

Gerusalemme                                                                                   Karen Armstrong

Il Segreto dei Pitti                                                                             Roberto D’Amico

Storia Della Provincia di Milano                                                       Cesare Cantù

Storia Naturale                                                                                 Plinio Il Vecchio

Storia Di Roma Dalla Sua Fondazione                                            Tito Livio

Le Storie                                                                                          Polibio

Storie                                                                                               Erodoto

Agricola                                                                                           Tacito

Storia di Milano                                                                               Pietro Verri      

De Bello Gallico                                                                             Giulio Cesare

De Bello Civili                                                                                 Giulio Cesare

La Gente E Il Territorio di Cassano Magnago Nel Settecento      Giuseppe Fimmanò

                                                                                                     Alberto P. Guenzani

Tre Secoli Fa … A Cedrate                                                          Giuseppe Fimmanò

                                                                                                     Alberto P. Guenzani

Antiche Testimonianze del Territorio Varesino                                Daria G. Banchieri

Profilo Storico Di Gazzada Schianno                                              Egidio Gianazza

Olgiate Olona 1895-1943 Mezzo Secolo Della Nostra Vita             Natale Spagnoli

Gallarate Nella Storia e nella Tradizione                                         Luigi Aspesi

Sommario di Storia Bustese                                                            L. Belotti,

                                                                                                         L. Caldiroli

                                                                                                         R. Rogora

                                                                                                         S.Ferrario,

Alle Origini di Varese e del Suo Territorio                                        Autori Vari

Somma Lombardo Da Borgo Antico a Città Moderna                      A. Rossi

Vecchie Osterie Milanesi                                                                  Luigi Medici

Dizionario Etimologico                                                                      Vallardi

Enciclopedia                                                                                     Treccani

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Tratto da: “Gli Insubri a Cassano Magnago e nel Seprio”

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