Pagina aggiornata il 28/09/2023

 

Gli Insubri

 

 

Quando si parla dell’epoca preromana si tende a generalizzare, attribuendo ai galli il territorio padano, una tendenza iniziata dai romani, i quali chiamavano Gallia Cisalpina la pianura Padana.

In realtà nella pianura Padana oltre alle incisioni rupestri della val Camonica risalenti all’8000 a.C., si sono trovate tracce della prima cultura di coltivatori affacciatasi sul Mediterraneo, detta “Cultura della Ceramica Cardiale”, risalente al 6500 a.C., e della contemporanea cultura dei “Vasi a Bocca Quadrata”, diffusa esclusivamente nella pianura Padana e in alcune enclave trans Alpine, quindi tracce di una evoluzione culturale superiore.

Mentre i galli erano solo gli ultimi arrivati prima della romanizzazione, i quali però pur essendo barbari, al contrario degli arabi semiti avevano l’umiltà di volersi adeguare alle culture più evolute.

Tra i popoli che a partire dal cultura della Ceramica Cardiale, tutti originari del Caucaso, che si sono insediati nella Padania, costituendo così una continuità culturale, possiamo citare i veneti allora chiamati “Wenedi” o “Windi”, = “I Bianchi”(Noi Celti e longobardi, Gualtiero Ciola), popolo di origine caucasica stanziato nell’attuale pianura veneta, l’Istria e le isole della Dalmazia, nelle quali sono sbarcati provenienti dalla Grecia, Albania e dall’Italia centrale, dove venti generazioni prima della nascita di Romolo, hanno fondato Albalonga, da ciò anche la tacita alleanza dei veneti con Roma, che non è mai stata messa in discussione.

In seguito colonizzarono le rive del mar Baltico, dalle quali a causa delle spinte generate da correnti migratorie provenienti dal Nord o dall’area del Volga e Don (i galli), gli anatolici si sono espansi verso il Nord Ovest della Francia, insediandosi nell’attuale Bretagna francese.    
      Sull’origine troiana dei veneti pesa molto il dio Windos, (sinonimo di bianco) una divinità solare adorata in Anatolia dal cui teonimo avrebbe avuto origine sia il nome di Ilio, il fondatore di Troia (Wilusa) che quello di "Vinitia", Venezia e Vienna la città Bianca.

Windos era una divinità solare e della salute, al quale in epoca romana era dedicato un tempio in nome di “Apollo Vindonnus”, situato sopra a una sorgente, nei pressi di Châtillon-sur-Senne in Borgogna; nelle fondazioni del tempio sono state ritrovate tre iscrizioni che lodavano il dio e la fonte. 

A Windo si può attribuire la sacralità su Vienna, in quanto il nome celtico della città era: “Windobona”; il significato della radice “bona” è incerto tra città, oppidum, o porto e sarebbe all’origine anche del toponimo “Bonomia”, oggi Bologna.

Windos è anche all’origine del nome della città di Lindo, sull’isola di Rodi, in quanto Helios la divinità alla quale era sacra l’isola e il suo colosso, era il teonimo ellenico corrispondente a Windos.

Il resto della pianura Padana con le Alpi, Prealpi ed Appennini, era occupata dai liguri, popolo di montanari e minatori, dediti prevalentemente all’estrazione di minerali (I Liguri E la Liguria, B. M. Giannattasio).

Popolo di incerta origine (secondo gli studiosi), ma il loro territorio i estendeva anche oltre le Alpi, nella Francia meridionale e si contraddistingue oltre che dalle tracce archeologiche, anche dalla presenza nei toponimi del prefisso “Var”, che lo accomuna alla cultura di Varna IV millennio a.C., terra situata in Romania e Bulgaria abitata dai potentissimi e ricchissimi, traci, dai quali, oltre al culto di varuna i liguri avebbero appreso il valore e la metallurgiai dei metalli preziosi.

In proposito, la conferma di ciò la possiamo trovare in una contraddizione, infatti tra gli studiosi di genetica, è diffusa la convinzione che la variante “U152” dell’aplogruppo “Y R1b”, sia dovuta all’arrivo dei galli, nella pianura Padana, quando invece questa variante è presente in Sardegna e Corsica dove storicamente i galli non sono mai arrivati, mente, nelle isole sono invece presenti le miniere di argento, alle quali erano fortemente interessati gli appartenenti alla potente cultura di Varna, quindi a mio parere la variante “U152”, farebbe riferimento ai minatori liguri di origine tracia, i quali erano insediati proprio nelle due isole e nel territorio padano provenzale, dove appunto si riscontra la presenza di questa variante.

Come vedremo più avanti, culturalmente erano affini agli umbri, ai lucani e ai calabri, tra i liguri emerse la cultura di Canegrate; a testimonianza dei legami commerciali e culturali con la civiltà Egea, è di quel periodo, XIII secolo a.C., “il ripostiglio della Malpensa”, un ritrovamento nel quale tra i vari rottami, sono stati rinvenuti degli schinieri di bronzo, uno dei quali era identico nella forma e nel disegno a una copia di schinieri ritrovati ad Atene, in una tomba micenea della stessa epoca.

Tramontata la cultura di Canegrate, all’inizio dell’età del ferro sorse la civiltà di Golasecca, sempre legata ai leponzi e alla ricerca dell’oro disperso nelle sabbie del Ticino alla quale si aggiunge il traffico commerciale con il nord Europa, agevolato dalla lunghezza del lago e dal vento da sud che favoriva la navigazione controcorrente.

Nel contempo tra i liguri emergeva la tribù degli insubri, forse una federazione, della quale facevano parte i leponzi, i camuni e i reti, si trattava di liguri insediati sull’arco  Alpino e  Prealpino tra il Sempione e il Brennero, i quali occupando gli altipiani tra l’Italia, Svizzera e Austria, potevano controllare gli scambi commerciali tra il Nord e il Sud delle Alpi,  dove passavano minerali che estraevano anche dalle nostre montagne e ambra, diretti verso il sud, manufatti cereali, vino e olio, merci provenienti dalla Grecia e dall’area mediterranea verso il nord.

Il fatto di occupare una posizione in prossimità di due valli importanti come quelle del Reno e del Danubio, permetteva agli insubri di interagire con le civiltà  del nord e dell’est Europa, evolvendosi quindi di pari passo con la cultura dei celti, un patrimonio di conoscenze  arricchito dalla frequentazione di civiltà superiori come quelle etrusche, greche e anche fenicie, quindi l’Insubria rivestiva un ruolo dominante nei confronti dei nord europei, i quali si ponevano al servizio degli Insubri sia come lavoratori che come guerrieri, ed il fatto che nel VII secolo a.C., i leponzi disponessero già di un loro alfabeto, mi sembra indicativo di un livello culturale molto elevato. 

I liguri sono presenti anche nella grande storia, in quanto come mercenari parteciparono a molte guerre, in particolare si ricorda l’anno 480 a.C., quando presero parte al fianco del persiano Serse alla battaglia di Platea, nel tentativo fallito di conquistare la Grecia, in particolare Serse conquistò Atene grazie ad alcuni valorosi che approfittando della scarsa sorveglianza di quel luogo, durante la notte scalarono la rocca  e riuscirono a spalancare le porte al grosso dell’esercito persiano, mi viene spontaneo pensare che quegli eroici scalatori, fossero i montanari liguri; contemporaneamente  erano anche al servizio di Cartagine durante l’invasione della Sicilia orientale, dove nella battaglia di Imera furono sconfitti dall’esercito comandato da Gelone tiranno di Siracusa, aiutato da Terone tiranno di Agrigento (Le Storie Polibio).

     Gli schinieri ritrovati nel ripostiglio della Malpensa fanno pensare che i liguri fossero presenti anche alla mitica guerra di Troia al fianco dei micenei, però Omero cita i Likku, marinai provetti, tra gli alleati dei Teucri, ma da identificare con i Lici, i quali come vedremo più avanti, come i Troiani apparterrebbero alla stessa etnia anatolica dalla quale avrebbe avuto origine la civiltà ligure, non a caso gli storici antichi definivano i liguri: “etruschi imbarbariti”.

L’espansionismo etrusco manifestatosi con la fondazione di “Felsina”, la futura Bonomia”, dei galli Boi (Bologna), e di altre colonie, come “Melpum” (Melzo), spostò i traffici commerciali dal Verbano a Como, dove sorse un’altra fiorente civiltà.

L’avvicinarsi delle colonie etrusche alle Prealpi, per gli Insubri dev’essere suonato come un campanello d’allarme, i quali sicuramente sospettavano la volontà etrusca di impadronirsi degli altipiani alpini, quindi hanno sicuramente usato il loro potere economico e l’influenza politica, per portare in Italia schiere di mercenari e popolazioni galliche, tutte animate da una forte idiosincrasia verso gli etruschi.

La mia può sembrare una congettura, ma la coincidenza delle invasioni galliche con la fondazione di colonie etrusche nella trans Padania, ed il fatto che mossero guerra solo contro gli etruschi, rispettando l’Insubria, non può essere un caso, anzi, con l’arrivo dei galli, il confine dell’Insubria si spostò dalle Prealpi alla riva del Po.

Voglio ricordare che i senoni conobbero l’esistenza di Roma solo quando gli ambasciatori romani appartenenti alla famiglia dei Fabi, si intromisero in modo arbitrario in difesa degli Etruschi, violando l’obbligo di neutralità degli ambasciatori, uccidendo un principe dei senoni.

Chiaramente i Galli si integrarono con gli Insubri entrando a far parte della federazione insediandosi in pianura.

Gli archeologi sono restii ad ammettere che i nostri antenati liguri fossero indoeuropei, mentre la toponomastica e l’etimologia trovano scarsa considerazione, però rimane il culto della quercia, l’adorazione del dio solare Beleno e il culto delle cime a testimoniare la loro appartenenza alla cultura indoeuropea. 

     Pertanto sulla base delle leggende greche che vedono gli umbri come gli unici sopravvissuti al grande dilavamento, del quale archeologi e geologi, attribuiscono la causa all'esplosione dell'isola Santorino, un evento catastrofico che verso la metà del II millennio a.C., ha investito, direttamente l'isola di Creta, tutto il Mar Egeo il mediterraneo Orientale ed il sud Italia, mai testimoniato dagli storici antichi, ma comprovato da geologi ed archeologi, possiamo supporre che gli umbri come gli ariani erano coevi e a diretto contatto con i minoici quindi affratellati dalla stessa cultura tanto che lungo il Danubio sono state ritrovate iscrizioni sillabiche attribuite agli umbri, ma quasi identiche al "lineare a”, dei minoici, pertanto si può pensare agli umbri come a una popolazione di montanari egei migrati verso nord, per sfuggire alle calamità naturali come alluvioni e terremoti, eventi catastrofici che durante l’età del bronzo avevano reso difficile la vita nell’Egeo.

L'unica testimonianza dell'esplosione del vulcano Santorino, che con ogni provabilità ha ucciso tutti i testimoni oculari, ci viene dalla bibbia, dove tra le piaghe d'Egitto si citano anche: "la pioggia di ceneri ed il sole oscurato per tre giorni", fenomeni caratteristici collegabili all'esplosione di un vulcano, documentati anche archeologicamente dalla presenza sul monte Sinai, negli stati archeologici dell'epoca, di ceneri compatibili con quelle del vulcano Santorino, a ciò possiamo aggiungere anche il mito di Atlantide, le cui ricchezze sono state enfatizzate dal tempo e dal sensazionalismo moderno.

Anche se in modo poco chiaro Erodoto (Storie), colloca gli umbri sulle Prealpi, in quanto afferma: “dalla regione sopra gli umbri, si gettano nell’Istro (Danubio), il fiume Carpi (forse l’Isar) e un altro fiume l’Alpi, che scorrono entrambi verso nord”.  A parte la confusione tra le Alpi e il fiume “Inn”, affluente del Danubio, errore forse generato dalla vicinanza dell’Alpenrhein (Reno Alpino), uno dei nomi del Reno, Erodoto si riferisce al fiume Inn, il quale attraversa il territorio degli Insubri, quindi è possibile che consideri gli insubri, come appartenenti alla stessa stirpe degli umbri.

A conferma di ciò, sulle Alpi retiche va segnalato il “Piz Umbrail”, e l’omonima: “Val Umbrail” (Giogo di Santa Maria), i quali dominano la val Mϋstair (valle Monastero), toponimi in lingua romancia, che continuano la cultura umbro ligure arrivata da queste parti nell’ultimo periodo dell’età del Bronzo.

In particolare la val Mϋstair deve il suo nome a un monastero fondato da Carlo Magno, comunque scavi archeologici hanno evidenziato la presenza di una struttura risalente all’età del Bronzo.

     Una traccia del passaggio degli umbri la troviamo anche nel Cantone dei Grigioni, (Alpi Retiche), si tratta del fiume Albula, con l’omonimo gruppo montuoso dove sorge il fiume, la valle e il passo, si tratta di un affluente del Reno, che anticamente, prima della latinizzazione, condivideva il proprio idronimo con il Tevere, poi latinizzato con Tibrys

L’Idronimo Albula trae origine da “Albus”, “L’Altissimo”, meglio conosciuto come “Summano”, “Penninus”, o “Albiorix”, il re delle cime, ma con ogni probabilità di trattava di teonimi tribali attribuiti ad un ‘unica divinità

Da Albus prendono il nome anche Albalonga e i colli Albani, i quali essendo composti da roccia vulcanica, non hanno niente in comune con il bianco e l’alba teorizzati dagli storici.
      Altri idronimi Albula li troviamo a Tusculum e nelle Marche, luoghi un tempo frequentati dai reti, gli antenati dei reatini moderni.

Pertanto gli insubri sarebbero umbri transpadani, il cui nome etimologicamente significa: "sono sopra i monti", dal verbo dialettale lombardo "in" ="sono", dalla preposizione lombarda "sű" = "sopra" e dal celtico "bri", = "monti", lo stesso suffisso "bri" lo troviamo nell'etimologia del nome degli umbri, dove il prefisso "um" è una particella indoeuropea che preceduta da un "h", poi caduta con l'italianizzazione, significava "uomo", da confrontare anche con il dialettale lombardo "om", = "uomo",  quindi "uomini di montagna",  oppure con insubri si voleva anche indicare quelli che saliti sulle Alpi erano più in alto.
   Ancora più significativa è l’etimologia del nome con il quale i greci chiamavano gli umbri:” hombrìkoi”, un nome composto dalla radice “hombrì”, = “uomini”, e da “koi” = “colli”, un sostantivo rimasto immutato nel dialetto veneto, mentre per gli storici, hombrì koi sarebbe un riferimento alla pioggia e all’ombrello.

Sull’altipiano di Asiago troviamo una traccia degli umbri nel monte Summano, toponimo originato dal nome del loro dio delle vette, si tratta di una montagna dalla forma conica con due vette che si affacciano sulla pianura vicentina, uno splendido omphalos (centro spirituale) naturale, sul quale oltre a resti di origine tardo neolitica, nei pressi della cima più alta è stato ritrovato un luogo di culto datato al V secolo a. C.,  da citare in Toscana nella val di Nievole anche il monte Sommano, collina di 340 m s.l.m., dove è sorta l’antica Monsummano Terme, un altro riferimento a Summano lo troviamo in provincia di Lecco, sopra uno sperone roccioso dalla sommità pianeggiante, dominata dalla rocca dell’Innominato si trova Somasco, (nome antico Sumasca), frazione di Vercurago, nei pressi della rocca sono avvenuti ritrovamenti archeologici risalenti alla cultura di Golasecca, interessante anche il toponimo di Vercurago, originato dall’antico Vercuriaco, da cui il prefisso “Ver” a indicare un ontano sacro, mentre “riaco” indicherebbe il lago di Garlate o il fiume Adda, oppure indicherebbe un villaggio di Vertemocori situato sulla riva del lago.           Particolare curioso è il monte Somazzo, una collina che segna il confine tra la provincia di Como e il Canton Ticino, infatti sul versante opposto della valle, di fronte al monte Somazzo e sopra a un altipiano alle falde del monte Generoso, troviamo anche un paese chiamato Somazzo, si tratta di una frazione di Mendrisio, “Mendrìs” in dialetto, un toponimo nel quale troviamo la radice “dris” dal greco “drys” = “quercia”, ma anche il prefisso “Men”, il quale mi suggerisce il bretone “menhir”, “pietra grande, il che rispecchia il fatto che Somazzo si erge sopra a un  lungo altipiano roccioso che domina la sottostante Mendrisio, quindi considerando anche la vorticosa  sorgente che sorga ai  piedi dell’altipiano, con “Mendrìs” si intendeva  un menhir sacro, sul quale era posta una quercia sacra, a una divinità delle cime, come potevano essere i liguri “Albiorix” o ”Penninus”, Penninus era il nome ligure del “Gran San Bernardo” il quale fa parte delle Alpi Pennine, in epoca romana in onore di Giove Pennino sul passo sarà costruito un tempio e diventerà Col de Mont Jupiter, e in seguito a causa delle differenziazioni linguistiche: “Col de Mons Joux.
    Anche il toponimo Somazzo suggerisce la presenza di un luogo sacro a un dio delle cime, l’umbro “Summano”, colui che sta in alto, una divinità che con la romanizzazione degli umbri, è entrata a far parte del panteon delle divinità romane, e associato a Giove Pennino. 

All’abbondante sorgente che sgorga ai piedi del menhir naturale, si deve l’epiteto “Generoso”, dovuto al dio delle vette, ed è rimasto come nome della montagna, preceduto da un ipotetico “Sommano Generoso”.

A testimonianza dell’importanza storica della piccolissima Somazzo c’è da segnalare il ritrovamento di una necropoli romana sotto la chiesa di San Giuseppe e un sentiero che raggiunge Somazzo, chiamato “Strada Cassana”, Cassano è il nome primitivo della quercia, quindi una testimonianza diretta, dell’antica presenza di un albero sacro; la strada Cassana parte da un paesino posto prima di Somazzo chiamato “Salorino”, un toponimo originato dall’ aggettivo antico: “sala”, sinonimo di capanna o casa, quindi “la casa del rio”, che indica una grotta carsica dove il rio scompare all'interno della montagna.

Da Salorino parte un altro sentiero chiamato “giro di Campora”, il quale risale la montagna, compiendo un lungo giro attorno a una valle, utilizzata come pascolo, per poi ridiscendere a Somazzo, Nella lingua dei celti Campora avrebbe il significato di “passaggio tra i campi”, in quanto il suffisso “pora”, sarebbe un riferimento a “Rethia Phora”, la  principale divinità dei reti, il cui nome significava: “Regina dei Passaggi”, derivato dal greco pre ellenico “Phoros“, sinonimo di passaggio, e veniva identificata con la luna, e per questo considerata la guardiana della porta del cielo e quindi protettrice delle porte e dei passaggi, con il cristianesimo il suo culto è stato sostituito con la devozione alla “Madonna della Guardia”, i cui santuari sorgono proprio sulle colline dove si celebrava il culto di Rhetia Phora, e ancora oggi chiamati Colle della Guardia, mentre il prefisso “Camp” indica invece il campo, un etimo continuato dal dialetto lombardo e dalla lingua inglese, quindi Campora indicava un campo sacro alla dea.

A conferma del legame cultuale tra i liguri e gli umbri, nel comasco alle spalle del monte Somazzo troviamo Albiolo, la quale prende il nome da “Albios”, l’altissimo, meglio conosciuto come “Albiorix”, il dio delle cime dei celto liguri alpini, corrispondente dell’umbro Summano, mentre sempre nei pressi del confine c’è la collina sulla quale sorge Drezzo (Drez in dialetto), un toponimo originato sempre dalla radice greca “drys”, sinonimo di quercia. 

Asiago è un toponimo che come Asia deriverebbe dalla radice sanscrita usbas”,= “aurora”, nella lingua greca “Asia”, significava: “il Paese del Sol Levante”, ed Asiago occupa una posizione geografica che la vede stretta tra due catene montuose, le quali, nel periodo invernale lasciano passare i raggi solari solo da est e da qui il giusto paragone con il paese del sol levante, a conferma dell’assenza di sole ad Asiago, la cittadina detiene il record della città più fredda “ - 31° ” stabilito più volte nell’inverno del 1942, un record da paragonare al freddo siberiano. 

Da considerare anche il finale in “ago” del nome italiano, il quale dovrebbe derivare dal ligure lak, quindi il nome antico potrebbe essere “Asiach”, ed indicherebbe un lago a oriente.

L’altipiano di Asiago è aggirato e diviso dalle Alpi dalla Valsugana, una valle che mette in comunicazione la pianura Padana con la piana di Trento. Il toponimo Valsugana che contiene la radice “gana” sinonimo di demanio, indicava i diritti demaniali degli abitanti di Susa, Ausugum in latino, oggi Borgo Valsugana, un toponimo originato dal fiume  Brenta, il cui idronimo in lingua celtica era il sinonimo del latino medioevale “Borgo”, vale a dire: “città fortificata”, il che farebbe riferimento all’attuale Borgo Valsugana, la quale in epoca medioevale era proprio una città fortificata, la fortificazione del luogo è una vocazione dell'ambiente circostante, causata dal naturale restringimento della valle; un'altra Brenta (Colle), la troviamo nei pressi del lago di Caldonazzo, dove il fiume nasce come emissario dei laghi di  Caldonazzo e Levico, anche questa Brenta ha una posizione dominante sulla valle.
     Dall’epoca romana sono attestati due idronomi, “Medoacus Major”, e, “Medoacus Minor”, che gli studiosi attribuiscono a due rami del Brenta, ma con ogni provabilità Medoacus era una forma latina che aveva sostituito un idronimo ligure indicante un “lago sacro”, un idronimo che seguendo il modello “Mediolanum”, si potrebbe ricostruire in “Mediolak”.
Sempre in provincia di Vicenza ci sono i monti Berici, il cui nome deriverebbe dai “Beruenses”, citati da Plinio il Vecchio come roccaforte dei liguri reti, assieme ai “Feltrini” e ai “Tridentini, In particolare l’origine dell’idronimo del fiume Agno e l’omonima valle collinare sono da attribuire al dio del fuoco vedico “Agni”, figlio del dio della guerra Indra.
Mentre nei pressi di Padova i colli Euganei trarrebbero il nome dai liguri “ingauni” o “albingauni”, i quali in un secondo momento si sarebbero ritirati sulle Prealpi, mischiandosi con i reti.

La presenza sui colli Euganei degli Ingauni, tribù di navigatori, stanziata nel territorio di Albenga, con ogni provabilità è dovuta alla loro attività di pirateria, a causa della quale sarebbero stati costretti a fuggire, per evitare ritorsioni da parte degli etruschi o dei cartaginesi, i quali allora dominavano il mar Ligure, e per lo stesso motivo, poi sarebbero entrati in contrasto con i veneti, fino a dover abbandonare anche i Colli Euganei.
    Da ricordare anche i monti Lessini, nella cui toponomastica locale sono evidenti le tracce del culto degli alberi in località come: “Boscochiesanuova”, “Campodalbero”, “Campofontana”, “Camposilvano”; “Selva di Progno”, “Cerro Veronese”, “Velo Veronese”, “Rovere Veronese”.  

Da ricordare anche Rovereto, città trentina che ha conservato la quercia nel suo stemma, la città è situata nel basso corso dell’Adige, chiamato Valgarina, un toponimo la cui radice “garina”, dovrebbe indicare una quercia ibrida che cresce nei querceti disboscati. 

La presenza degli umbri sulle Prealpi venete, fa pensare  che siano penetrati in Italia attraverso i valichi alpini e non dall’Istria, come sarebbe logico pensare, infatti attraverso il san Gottardo arriveranno anche in Francia, per poi scendere lungo la valle del Rodano (Rhône), da confrontare con il nome tedesco del Reno (Rhein), ma soprattutto con il nome antico del Po: “Eridano”, “Eridàa” in lombardo, in quanto nella forma italiana Rodano ed Eridano sono costruiti entrambi sulle consonanti “rdn”, in ogni caso il suffisso “ano” dovrebbe indicare l’ampia valle nella quale scorrono.

Di Generazione in generazione gli umbri si sarebbero spostati sempre più a valle, fino ad incontrare il popolo dei terramaricoli (probabilmente i Wenedi), che allora popolava le paludi eridane e le isole della laguna veneta.

     Un altro indizio sula parentela tra umbri e liguri, potrebbe essere il nome della città di Rieti, un toponimo che alcuni attribuiscono al greco “Rheino”, sinonimo di acqua che scorre, ma considerando che la città di Rieti sorge sull’antico fondale del lago Velino, poi prosciugato dai romani, trovo più convincente ed interessante il fatto che nella parte bassa del suo stemma, c’è una rete che sbarra il passaggio ai pesci, mentre il campo superiore è rosso e vi appare una dama che porge una bandiera a un cavaliere antico, il quale è dotato di uno scudo rotondo, come quelli in uso dai veliti dell’esercito romano e dei celti, e non a caso lo scudo ci riporta al lago Velino prosciugato dai romani, quindi lo stemma di Rieti è un simbolo di passaggio, e la città sarebbe stata sacra a Rhetia Phora la dea dei passaggi dei reti.

Da notare che il reatino era la terra dei sabini, i quali sono considerati appartenenti alla stirpe degli umbri, coi quali però erano frequentemente in guerra, quindi non si può escludere la loro provenienza dalla Rhetia.    Il nome del lago Velino potrebbe essere originato dal fatto che nell’esercito romano i veliti erano soldati armati alla leggera, utilizzati per portare il primo assalto, e per questo scopo erano reparti costituiti da reclute e da indigeni romanizzati, ma non ancora sufficientemente addestrati, pertanto il compito di bonificare il lago velino sarebbe toccato ai sabini o ai reti arruolati tra i veliti, e da ciò il nome del lago e del luogo sacro a Rhetia Phora.     

A quei tempi un invasione non significava necessariamente lo sterminio di un popolo, ma una colonizzazione graduale di terre disabitate, da parte dei nuovi clan, che di generazione in generazione dovevano cercare nuove terre da coltivare, certamente all’inizio ci potevano essere delle conflittualità, ma alla fine i popoli si rendevano conto che la natura era rigogliosa e non valeva certo la pena sacrificare vite umane in guerre inutili, quindi in genere le due civiltà si fondevano in un nuovo gruppo, pertanto possiamo pensare che dall’alleanza tra gli umbri e i terramaricoli è nata l’etnia veneta, e successivamente  gli umbri avrebbero assorbito le varie etnie che popolavano l’Appennino centro settentrionale, fino a fondare Albalonga.

Un altro legame tra le culture italiche con la Grecia e il mondo persiano le troviamo al confine tra la Lombardia e la provincia di Bolzano, dove nel gruppo del Cevedale troviamo L’Ortles, “Ortler” in tedesco e, “Ortèl” in lombardo, nomi di origine greca con il significato di “Monte Lontano” da oros = monte e, “tèle” = lontano, forse un riferimento a un monte ai piedi del quale vivevano gli antenati del popolo retico.

In particolare è da citare il Gran “Zebrù”, un riferimento al bue Himalaiano zebù, quindi si tratta di una montagna che anticamente era sacra al bue, confermato soprattutto dal nome tedesco, “Kӧnigsspitzze”, vale a dire: “Pizzo del Re, questo significa che i reti, avevano radici almeno persiane o pakistane, mentre, l’origine Himalaiana del nome Gran Zebrù, è suggerita anche dalla forma piramidale della montagna, la quale assomiglia all’Everest, mentre il nome Himalaia è originato dal sanscrito “hima” corrispondente di “neve”, con “ӓlaya”, che indica dimora o casa, dal quale si origina anche il toponimo Alagna, non a caso situata ai piedi del “Sass Gross”, oggi chiamato Monte Rosa, quindi Alagna era la casa della neve. 

Sempre in merito all'origine dei liguri si possono considerare le tracce sulla provenienza dei taurini, i mitici fondatori della città di Torino, il cui etnonimo sembra originato da Tauride, uno dei toponimi utilizzati dai greci per indicare la Crimea, terra dove si adorava il Toro e che in ogni caso era collegata alla cultura di Varna dei traci.

In realtà il nome primitivo della Crimea era Chersoneso e si divideva in Chersoneso Taurico abitato dai tauri e Chersoneso Scitico, abitato dai cimmeri, dai quali discenderebbero i cimbri.

Considerando che i greci fondarono una colonia sui resti di una città pre esistente chiamandola Cherson (Oggi Sebastopoli), etimologicamente il suffisso di Kersoneso, eso, mi fa pensare al celtico “weso”, originato dal sanscrito "Vasu" o "Vasusil ", il quale significa "dimora",, continuato ancora oggi dal francese "maison" (pronuncia Meson), quindi Chersoneso significa: "Dimora di Cherson", e chi poteva essere questo Cherson se non una divinità taurina come Chernunnos? Il toro con le corna da cervo adorato nella pianura Padana.

Chersoneso è un toponimo diffuso in tutta l'area egea, ma anche in Sicilia, si tratta di una città perduta, anticamente situata nei pressi di Siracusa, e lo troviamo anche in Piemonte con il toponimo moderno Cherasco (Cherson Nascosto), in provincia di Cuneo.

Ancora più convincente è il Chersoneso Cimbrico, vale a dire la penisola dello Jutland, cioè la Danimarca, la terra dove migrarono i danai provenienti dalla pianura Padana, dai quali ha preso il nome, dove si fusero con i cimbri, un popolo del quale non si sa se fossero germani o galli

Il toponimo Danimarca contiene la radice franca "Marca", che nel Medio Evo sarà il marchesato, vale a dire una terra di confine, quindi la traduzione medioevale del primitivo: “terra di Danu”, o “terra dei danai”.

   Da citare anche le città di Olbia e Neapolis la cui fondazione viene attribuita ai greci durante l'età del ferro, ma sicuramente su insediamenti pre esistenti fin dall'età del bronzo, infatti, tra i siti archeologici della Olbia sarda, spicca il "Pozzo sacro di Sa Testa", uno dei tanti pozzi sacri diffusi in Sardegna, che la accomunano alla cultura di Varna dove l’unico tempio conservato si trova a Gàrlo nel comune di Breznik, mentre nella pianura Padana questi pozzi sono stati inglobati nelle chiese cristiane, sopra ai quali sono stati posti degli altari.

A Como, in località Rondineto possiamo ancora trovare il pozzo sacro della "Mojenca", di origine golasecchiana; si tratta di una modesta galleria lunga 15 metri sostenuta da pareti a secco, in fondo alla quale è posta una pietra, che costituiva la reliquia del dio delle acque.

    Da aggiungere che il Chersoneso era compreso tra due fiumi, anticamente chiamati "Hypania", oggi "Boug Meridional", proveniente dalla Podolia (centro Ucraina), e il "Kouban", il quale sorge sul monte El'Brus, quindi Hypania è un idronimo da mettere in relazione a una divinità fluviale appartenente alla cultura ibera, dal quale si sarebbe originato anche il nome della Spagna.

In particolare bisogna sottolineare l'etimologia del toponimo Podolia, in quanto il suo territorio era una vastissima palude oggi quasi completamente bonificata, dalla quale si alimenta il Boug, lo stesso vale anche per la confinante Polesia, ancora oggi la più grande palude d'Europa attraversata dal Pryp"jat' (chiamato anche Pina), perché tutto ciò ci riconduce al Po e alla valle Padana, che a sua volta anticamente era una vasta palude, quindi abbiamo fiumi e pianure che traggono il proprio nome da radici etimologiche comuni.
      Etimologicamente trovo molto indicativo il sanscrito "Apadana", è un  termine che indica una grande sala ipostila, vale a dire: chiusa su tre lati e completamente aperta sul lato frontale, praticamente un tempio o una sala del trono dove il popolo poteva adorare gli dei o ossequiare il sovrano dall'esterno. 

Quindi con apadana, sia dal punto di vista etimologico che figurativo, possiamo già individuare un padiglione, come potrebbe essere la pianura Padana, con le Alpi e gli Appennini a fare da colonne sui tre lati e il Monviso a fare da altare, trono o podio, come dimostra il suo nome Viso, originato dal sanscrito "Wasu" sinonimo di dimora del re, mentre il lato aperto si affaccia sul mare e la pianura veneta. 

L'origine dell'aggettivo è indoeuropea e deriva dal sillabico elamita "ha-ha-da-na", continuato dal sumero "ap-pa-da-an", ma aveva anche il significato di: "arrivare a", "magazzino", "nascondiglio", per poi diventare definitivamente palazzo.

Allo stesso modo il nome del Po è derivato dalla radice sanscrita” Pà" va inteso come il padre che nutre e protegge, da cui il persiano "Pad", sinonimo di protettore e "Padshiah", = a "monarca", ma soprattutto "Baal", che gli akkadici e i padani chiamavano "Bèlu".

Originariamente Baal o Bèlu significava solo "Dio", fu solo nel secondo millennio a.C., che divenne il dio del sole, e per difetto di pronuncia fu chiamato El dai semiti, associato al persiano Mitra, al siriano Apollo all’anatolico Ilios o Wilios per gli ittiti e Helios per gli elleni.

Un’altra testimonianza di un popolo affine ai minoici che si è insediato nella pianura Padana e nel nord Europa ce la forniscono alcuni documenti romani citati da Robert  Graves (la Dea Bianca), i quali parlano dei Cotti, una confederazione ligure che avrebbe dato il nome alle alpi Cozie, il loro re "Cotto", secondo i romani, aveva un padre divino chiamato "Donnus", alter ego di "Danao" figlio di "Belo", (il sole) e fratello di "Egizio, al quale con il concorso delle sue cinquanta figlie, uccise i  cinquanta figli, del fratello per impadronirsi del suo regno, ma Ipermestra non ubbidì al padre e regnò felice su Argo, con il marito Linceo figlio di Egizio, ma si tratta solo di mitologia.

Quindi i liguri erano composti da genti originari dell’area caucasica, che dopo aver popolato la Grecia e i Balcani sono giunti anche in Italia, e tra questi si distinguevano i traci e i danai.

I danai colonizzarono la Danimarca, che dà loro prese il nome, e fondarono anche una città che chiamarono Susa, un toponimo di origine caucasica, i cotti occuparono le Alpi e la pianura Padana, ed in seguito si allearono nuovamente con i danai per invadere la Bretagna insulare, dove trovando una fiera opposizione da parte dei gallesi e dei pitti, pertanto si accontentarono di occupare la parte centro orientale dell'isola.
     I danai che invasero la Bretagna, chiamarono quella terra "Alba",  mentre i popoli confinanti la chiamarono "Scozia", vale a dire: "Terra dei Coti", e secondo le tradizioni degli albani, fondarono la loro capitale "Edimburgo" (Dùn Eideann), sopra a un vulcano spento.

Da notare che etimologicamente il nome gaelico di Edimburgo: "Dùn Eideann", sembra avere il significato di Forte di Eridano, ma in realtà è un riferimento alla dea "Eriu" (chiamata anche Eri), la matrona d'Irlanda, potente divinità della guerra e della fertilità, che aveva favorito la conquista dell'isola da parte dei gaelici provenienti dalla Spagna, quindi "Dòn Eideann", indicherebbe il forte di Eriu, indentificato dagli studiosi come un teonimo, ma che a mio parere avrebbe il significato acqua che scorre o più semplicemente acqua, dal quale abbiamo il nome primitivo del Po: Eridano che significava acqua di Danu o Danu che scorre.

    Tra i fiumi che attraversano Edimburgo merita di essere citato il Brunstane Burn, in quanto il suo nome sembra la corruzione di "Boristene" o Borysthènes come lo chiamava Strabone, mentre il nome sciita era “Varu-stana”, tradotto in “Ampia Terra”, quando in realtà Varu indicava Varuna, il signore delle acque, quindi l’idronimo andrebbe tradotto in “Terra di Varuna”.

Il nome attuale del fiume è "Dnepr", ma è chiamato anche "Nipro", e funge da confine tra la Bielorussia e l’Ucraina.

Ancora oggi in Inghilterra, a testimonianza indelebile di quell’invasione, troviamo: le "Danae Hills", (le colline dei Danai), le "Pennine Chain" (la catena Pennina), e le “Cotswold Hills”, (le colline piane dei coti), due nomi che ricordano le divinità Danao e “Penninus il re italico delle vette”, mentre sulle Cotswold (La terra dei coti), un gruppo di altipiani ricoperti da numerosi laghetti, sorge il Tamigi, il cui idronomo è originato dal nome della dea fluviale “Tamesis”. 

Il nome della dea fluviale Tamesis e del Tamigi, sono un'altra traccia dell’identità culturale tra i reti e i coti, in quanto si possono mettere in relazione con le Tofane e il territorio che le circonda, in quanto il singolare “Tofana” ha come suffisso la radice indoeuropea “ana”, che tradisce il riferimento a una divinità femminile forse appunto “Tamèsis”, regina delle acque fresche che origina anche l’idronimo del Tamigi,  e le Tofane essendo affacciate sulla val di Fanes,  m’impongono di considerare che il nome della valle partecipa alla composizione del nome del gruppo alpino, e Fanes potrebbe essere originato la latino “fanum” = “tempio”, l’ipotesi di Tamesis è sostenuta anche dal fatto che la val Fanes risale verso l’alto fino a raggiungere un gruppo di altipiani carsici ricchi di sorgenti, come le Cotswold Hills, dove sorge il Tamigi, i quali sono chiamati  Fanes Sennes e Braies,  e tra questi Sennes tradisce la presenza del culto di Sequana, la dea della Senna, forse omonima di Tamesis.

L'etimologia del nome della Scozia e il Kilt, il tradizionale gonnellino esibito con orgoglio dagli scozzesi, ci portano al lombardo "scusà", = "grembiule" sinonimo del francese "cotte" e del veneto "cotoa", il che mi conferma che anche i veneti fondatori di Albalonga, parlassero una lingua affine al ligure e al greco.

Un altro indizio sulle origini liguri degli scozzesi ce la fornisce Tacito, il quale cita il fiume Bodotria (Agricola), oggi “Forth” (fiume nero), sul cui lungo e profondo estuario si affaccia la capitale della Scozia Edimburgo, “Dùn Eideann”, in gaelico, la lingua degli antichi scozzesi.  
      L’idronimo Bodotria ci porta al ligure “Bodio”, o “Bodii”, sinonimi di profondo e a “Bodinco”, sinonimo di “fiume profondo”, forse il nome ligure del Po.

Il Bodotria (Forth) è dominato dallo “Stirling Castle”, una rocca della quale tre lati non sono accessibili, quindi il suffisso “tria” è un riferimento ai tre lati inaccessibili della collina, e che con ogni provabilità Bodotria era anche il nome della rocca.

Nel VI secolo d. C., la rocca di Sterling era il caposaldo nord della “Northumbria”, una contea che ancora oggi mantiene il suo toponimo primitivo e che tradisce l’origine umbro ligure; si tratta di un  territorio che si estendeva lungo la costa est, dal Bodotria al Tanao  oggi Tweed, citato anche da Tacito, l’idronimo Tanao si accomuna al ligure Tanaro e al nome antico del Don: “Tanai”, alla cui foce sorgeva la città greca di “Tana”, un emporio nel quale i greci commerciavano con gli Sciti, questi toponimi sembrano conciliarsi con il teonimo Danu, la Grande Madre dei danai, quindi l’antico idronimo Tanao sarebbe un nome di origine danaide da citare anche all’estremo nord della Scozia i fiumi Don e Dee, altri due riferimenti a Danu,

Sempre nel VI secolo d. C., il caposaldo di Stirling venne conquistato dai caledoni discendenti dei primitivi pitti, i Northumbri riconquistarono la roccaforte e la Caledonia nel IX secolo d. C., sotto la guida di “Kennet Mach Alpin” primo re di Scozia.
      A partire da Kenneth Mach Alpin, tutti i re di Scozia sono stati incoronati sulla: "Pietra del Destino", un parallelepipedo di arenaria rossa, che secondo la tradizione cristiana sarebbe appartenuto a Giacobbe, sulla quale ebbe una visione divina.
      In seguito la Pietra fu donata da Mosè a Galamh, il re dei gaelici, al quale aveva profetizzato la conquista della Spagna.

Il nome di chiara origine ligure di Kenneth Mach Alpin", è un ulteriore testimonianza del forte attaccamento degli scozzesi alle loro tradizioni e alla terra d'origine, le alpi liguri.

Questo mi fa pensare anche ai numerosi Cozzi presenti nel legnanese, i quali potrebbero essere i discendenti degli antichi cozii, che con la romanizzazione avrebbero adottato il nome tribale come cognome.     

 Anche Kenneth è un nome di origine ligure, infatti nel gaelico irlandese è “Cinàed”, che significa “Nato dal Fuoco”, mentre la forma scozzese è “Coinneach”, che significa “Bello o Attraente”, quindi si tratta di riferimenti alla divinità solare “Bel”, portato in Bretagna dai liguri. 

Nonostante che i linguisti considerino il nome Wiliam di origine  germanica, attribuendogli il significato di Elmo, da cui Guglielmo, anche lui va considerato di origine ligure, Infatti Wiliam è la continuazione del teonimo anatolico “Windo” divinità solare e sinonimo di “bianco”, dal quale ha origine il nome del mitico fondatore di Troia “Ilio”, un nome che ritroviamo anche nella civiltà di Golasecca nella forma di “Uini”, “Vin”, e “Uenia”, mentre in Francia, tra i resti di un tempio celtico sacro ad Apollo Windonnus situato a  Châtillon-sur-Senne in Borgogna, è stata ritrovata una dedica al dio, pegno di un voto esaudito a un certo Uillo; quindi si può constatare che il nome era ancora molto diffuso anche in epoca romana.
     Bisogna ipotizzare che Windo e Bel erano la stessa divinità, in quanto uno degli alter ego di Bel si chiamava Gramnos, un nome che gli deriva dalla roccia granitica che compone il monte Bianco, ai piedi del quale era adorato, quindi dobbiamo ritenere che il monte Bianco era la casa di Windo, alias Gramnos.

Il motivo per cui gli scozzesi erano e sono orgogliosi del loro kilt, dipende dal fatto che i galli indossavano le "brache", un indumento che allora, romani e greci consideravano ridicolo, pertanto l’esibizione del” kilt”, diventava un segno distintivo.

Da sottolineare il fatto che i gallesi si definivano kimbri, Galles è il nome dato da Giulio Cesare al luogo dove riteneva ci fosse il principale centro religioso dei galli, presso il quale i druidi si radunavano per le loro “convention”, cioè Stone ange ed Avebury.
            I kimbri si potrebbero identificare con i cimbri, i quali nel primo secolo a.C. abitavano la Danimarca, la terra dei danai, quindi l’eventuale primitiva presenza dei cimbri nel Galles  porrebbe questo popolo tra gli scandinavi primitivi, forse gli stessi pitti gli abitanti primitivi della Bretagna.

Un altro fiume citato da Tacito è il “Clota”, oggi “Clyde”, un idronomo che etimologicamente ricorda i coti, si tratta di un'altra insenatura profonda, situata sul versante occidentale dell’isola, che con il Bodotria restringe l’accesso al nord della Britannia dove l’imperatore Antonino fece costruire un primo vallo per ostacolare le incursioni dei caledoni.
      Da citare anche la contea di Cumbria (Cumberland), si tratta di un territorio montuoso  come indicato dal suffisso celtico “Bria”, sinonimo di alture; situata tra il mare d’Irlanda e le Pennine Chain, la Cumbria è una contea scarsamente popolata, ma giudicata il più bel paesaggio del Regno Unito, un estendersi di monti e valli che  con l’omonimia del toponimo ricordano l’Umbria.

In Scozia sono molto diffuse le "Moots Hill", chiamate anche "Colline Controvoglia", in quanto si tratta di alture artificiali dell'altezza di qualche metro.

Nella lingua inglese Moots Hill significa: "Collina della Discussione", e non a caso nel Medio Evo queste alture erano usate come luogo riservato alle assemblee dei villaggi, ma ritrovamenti archeologici fanno pensare che siano più antiche, quindi potevano essere cumuli di terra  che sostituivano i massi erranti e le montagne, come centri spirituali? non a caso Moots è una voce che mostra una forte affinità etimologica con il provenzale "Mots", il francese "Mot", e il tedesco "Motz" i quali hanno il significato di "Parola", con i quali possiamo elencare il ligure "Mota", che indicava  una collina sacra. 

Da sottolineare anche l'aggettivo "Costa" indicante un lato ripido della collina, il quale è continuato nella stessa forma nelle lingue spagnola e portoghese diventa "còte" in francese "it costs", in inglese e "kùste" in tedesco, il quale sembra un riferimento ai coti.  

 

 

 

I GALLI

 

         Ma ritornando all’inizio, la domanda è: chi erano i galli? Gli storici si limitano ad assimilarli alla cultura di “La Thene”, un’epoca coeva con l’arrivo dei galli e contraddistinta da modesti miglioramenti artistici, ma globalmente continuatrice della cultura Halstat.

In realtà i galli appartenevano alla IV ondata Kurgan, una popolazione di cultura scita partita dalle valli siberiane che sfociano nel bacino imbrifero del Volga, che è riuscita a sfogarsi solo a nord, lungo le rive del Baltico, per poi scendere in Francia seguendo le coste atlantiche ed infine arrivare in Italia.

Sulla loro origine trovo la certezza nell’idronimo Samara, nome di un affluente del Volga, alla confluenza nel quale gli archeologi hanno ritrovato i resti di un’antica città, risalente al 6500 a.C., che hanno ribattezzato “Cultura di Samara”, e la linguista Maria Gimbutas riteneva che quella fosse la regione d’origine della lingua indoeuropea più antica. La certezza sulla loro provenienza mi arriva dal fatto che l’idronimo Samara lo ritroviamo in Francia come nome gallico del fiume Somme e della capitale dei galli ambiani Samarabriva, sinonimo di Ponte sulla Samara, oggi Amiens.

Lo stesso toponimo lo troviamo anche in provincia di Varese lungo le rive dell’Arnetta con la città di Samarà, in dialetto locale, italianizzato in Samarate.

Arno è un idronimo che deriva da “Alnus” il nome latino dell’ontano che i celti chiamavano Fearn, nome che troviamo come toponimo della città di Ferno, posta a valle di Samarate, da ciò mi sembra facile dedurre che Fearn fosse il nome ligure dell’Arno, mentre i galli lo chiamavano Samarà.

Un altro indizio sulla loro origine siberiana, ce lo forniscono gli storici del tempo, i quali sostenevano che i guerrieri galli non sopportavano il caldo e che il loro vigore in battaglia diminuiva con l’aumentare della temperatura ambientale, tanto che preferivano combattere nudi.

Gli storici raccontano anche che erano golosi del vino, una bevanda a loro sconosciuta, ma che su di loro aveva un effetto soporifero, che li rendeva innocui ed in balia del nemico.

In proposito, si racconta che il cartaginese Asdrubale fece decapitare direttamente sul posto l’intero corpo di guardia gallico, in quanto nottetempo i suoi componenti erano penetrati nella dispensa e si erano ubriacati.

 

 

 

 

Fonti Bibliografiche

 

L’Indoeuropeo Lingue popoli E Culture                                                         Andrè Martinet
Noi Celti E Longobardi                                                                              Gualtiero Ciola
I Celti E Milano                                                                                        Marco F. Barozzi
I Liguri E La Liguria                                                                                  B. M. Giannattasio
I Celti                                                                                                     Roberto Corbella
La Dea Bianca                                                                                         Robert Graves
I Druidi E I Loro segreti                                                                             Morgan Brooks
I Celti d’Italia                                                                                           Venceslas Kruta 
                                                                                                             M. Valerio Manfredi
Il Segreto dei Pitti                                                                                     Roberto D’Amico
Storia Della Provincia di Milano                                                                   Cesare Cantù
Storia Naturale                                                                                         Plinio Il Vecchio
Storia Di Roma Dalla Sua Fondazione                                                           Tito Livio
Le Storie                                                                                                 Polibio
Storie                                                                                                      Erodoto
Agricola                                                                                                   Tacito
De Bello Gallico                                                                                         Giulio Cesare
De Bello Civili                                                                                           Giulio Cesare
Civiltà Sommerse                                                                                       Graham Hancock
Dizionario Etimologico                                                                                 Vallardi
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Tratto da: “Gli Insubri a Cassano Magnago e nel Seprio”, I Capitolo

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